Esce venerdì 10 giugno 2022 “Più di così“, l’EP di debutto di Francesco Curci, disponibile su tutti gli store digitali per Show in Action (su distribuzione Pirames International). Un titolo che suona come una dichiarazione d’intenti dell’artista, per dire che “più di così”, oggi, non avrebbe potuto desiderare, ma anche un’esortazione a sé stesso a fare sempre “più di così”, nella musica e nella vita.
A metà tra uno scrittore e un cantautore, Francesco Curci ha risposto alle nostre domande in un modo che raramente vediamo. Date un’occhiata, buona lettura!
- Come hai capito che era arrivato il momento giusto per pubblicare il tuo primo disco, dopo dieci anni di attività?
Proprio dalla consapevolezza che erano trascorsi dieci anni dal mio esordio e mi ero sempre e solo imbattuto nella pubblicazione di singoli, perciò era arrivato il momento di concedermi un disco. Mi sono poi accorto di aver consolidato il giusto team per farlo, dal produttore artistico che ci ha lavorato alla casa discografica, ai pezzi: tutto giocava a mio vantaggio, perciò mi sono detto “facciamolo”.
- Come riassumeresti questi dieci anni?
Come un lungo viaggio, fatto di tante tappe, tanti incontri, tante esperienze diverse che mi hanno permesso di crescere e di diventare l’artista che sono oggi. Sono felice di uscire soltanto adesso con un disco perché mi guardo allo specchio e vedo l’artista che da sempre avrei voluto vedere. Se fossi uscito in questi anni con un disco, probabilmente oggi me ne sarei già pentito. Ritengo infatti che questo disco sia sì il risultato degli ultimi due anni di lavoro, ma in realtà è figlio di tutti i dieci di musica che mi porto alle spalle senza dei quali non avrei potuto esprimermi allo stesso modo.
- E in un momento in cui il mondo musicale sembra macinare singoli su singoli, qual è il vantaggio di pubblicare finalmente un disco?
Un disco ti consente di raccontarti in maniera più ampia, di spaziare per generi e contenuti. Uscire in questo periodo storico con un disco è sicuramente coraggioso, perché già provare a far affezionare il pubblico ad un solo brano è difficile, figurarsi con un disco, però ho voluto farlo per due motivi: il primo, perché in fondo è un EP, che perciò non richiede un grosso impegno nell’ascolto, dall’altro perché è formato da brani pensati tutti come potenziali singoli e perciò di facile fruibilità, immediati nelle melodie e nei contenuti.
- Cosa volevi comunicare con “Più di così”?
La mia visione delle cose maturata in questi dieci anni. Sono prima di tutto una persona, poi un artista. Perciò mi sono affacciato alla finestra del mondo, ho osservato, vissuto e visto vivere e poi ho raccontato. Ci sono storie di vita vera in questo disco, stralci di attualità, racconti di infanzia, storie di amori che nascono e che finiscono, storie di rendenzioni personali. Nonostante siano cinque tracce, mi consentono di raccontare davvero tanto. E credo che la forza maggiore stia proprio nell’equilibrio che siamo riusciti a trovare insieme al mio produttore Alex Marton tra contenuti e melodie. Apparentemente sembrano canzoni “semplici”, perché immediate nell’impatto, ma nei testi nascondono significati instrinseci che meritano un approfondimento e perciò ti impongono più ascolti.
- C’è qualcosa dell’essere un cantautore di cui non ti piace occuparti? E c’è qualcosa che 10 anni fa non era tra le attività per tenere in piedi un progetto musicale?
Non pongo mai limiti alla creatività perché l’artista è autentico solo quando è libero; perciò no, non c’è qualcosa di cui non mi piace occuparmi anche perché non mi prefiggo mai preventivamente di affrontare un argomento nelle mie canzoni. Racconto sempre e solo ciò che la mia anima lamenta l’urgenza di raccontare.
Rispetto a 10 anni sicuramente l’uso dei social che ti impone un’esposizione costante e a volte anche faticosa. Certi giorni, quando non sai cosa pubblicare, ti vedi costretto ad inventarti qualcosa pur di essere presente e non rischiare di essere “dimenticato” e a volte ti domandi se non sia meglio restare in un meritato “silenzio”. Soprattutto TikTok oggi è diventato un step obbligatorio per tentare di diventare “virale”. Peccato che le discografiche, però, dimentichino che siamo artisti, non fenomeni da circo!
E poi sicuramente il mercato, perché dieci anni fa il fisico era ancora preponderante, oggi invece è tutto digitale, aleatorio; il potere è tutto nelle mani dei team editoriali dei servizi di streaming: se loro decidono che il tuo pezzo funziona e lo inseriscono in determinate playlist, il gioco è fatto. Quindi hanno una grossa responsabilità, mentre a noi la misera speranza di incontrare i loro gusti.
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