Si intitola “Camera Oslo” questo nuovo disco della cantautrice siciliana Cassandra Raffaele, disco che abbiamo ampiamente conosciuto anche grazie ai diversi singoli che hanno trovato voce e video in questi mesi. Disco vintage che celebra il matrimonio con la produzione analogica de L’Amor Mio Non Muore e dunque quel certo approccio libero, viscoso, ferroso e molto dedito alle sospensioni urbane americane, aride e prive di soluzioni sfacciatamente pop. Un disco che segna quasi una piccola rivoluzione e comunque un bel sentire “antico” di preziosa canzone d’autore in questi tempi di trasgressione futuristica.
Partiamo dal suono. Il nuovo suono di Cassandra Raffaele… ce lo avevi anticipato ma ora ne siamo certi. Il suono vintage, lo shoegaze americano, il suono analogico. Ti appartiene tutto questo vero?
Si mi appartiene e non ho fatto altro che rendere un omaggio affettuoso a quelle sonorità degli anni 70 e 80. Roberto Villa mi ha spalancato le porte del suo mondo, quello analogico, fatto di banchi e registratori a nastro, che mi hanno sedotto, ancora una volta. Per un attimo sono ritornata bambina, a quando andavo in studio con mio padre a sentirlo registrare. Mi sedevo su uno sgabello e rimanevo affascinata da tutto quello che accadeva li dentro. Osservavo incuriosita tutti quei bottoni che il tecnico del suono pigiava per registrare, il rumore del nastro che si avvolgeva. Per me tutto questo è un piccolo “film di vita”, che Roberto mi ha dato la possibilità di omaggiare.
Perché dunque questa direzione stilistica? L’elettronica moderna non ti ha saputo rapire?
Perché ho voluto rendere omaggio ad un periodo musicale ben preciso da una parte e dall’altra, ho voluto testare nuove paste di suono, semplificandone l’essenza. Con Chagall avevo usato già molti suoni elettronici, che fanno comunque sempre parte di me. Ho anche prodotto un album in inglese per una band a Londra, usando una tavolozza totalmente elettronica. Nel caso di Camera Oslo però, il mio istinto mi ha condotto in questa direzione e non ho fatto altro che assecondarlo e quando accade questo, significa anche andare in un’altra direzione rispetto all’usuale e al mondo orario.
E non è un caso se pensiamo anche alla masterizzazione in America…
E’ stata una scelta di Roberto, che ha curato tutto in maniera minuziosa e per chiudere il disco, che è stato finalizzato in supporto vinile, ha cercato il sound engineer che potesse apportare quel tocco che lui ricercava.
Cosa c’è ad Oslo che tanto ha catturato la tua attenzione?
Ad Oslo ci sono ricordi d’infanzia. Alla fine degli anni 70, ci siamo trasferiti in Norvegia con la mia famiglia, perché mio padre aveva un contratto come musicista in un’orchestra. Si viveva negli hotel. Mi sono rimaste delle immagini rarefatte, avevo solo 2 anni, ma tutto questo è riemerso nella mia mente e ho voluto che diventasse l’ambientazione affettiva di questo album, che vuole omaggiare senza alcun dubbio, anche nei suoni, gli anni 70.
E parliamo di collaborazioni dentro questo disco… che ci dici?
Sono contenta di avere avuto la possibilità di lavorare al disco con musicisti che ammiro molto a partire da Alberto Bazzoli che ha suonato le tastiere, i synt e dei pianoforti che ho sempre definito “innamorati”. Ma anche di avere potuto godere della presenza di Alfredo Nuti ( Extra Liscio) e delle sue chitarre elettriche e baritone, il tutto orchestrato con grande stile da Roberto Villa. E’ lui senza dubbio, la più importante “collaborazione” di questo album.