Come sintesi è assai violenta, mi si perdonerà. Ma di certo sono due punti cardini per questo nuovo disco di Gianluca Dingecco, alias D.In.Ge.Cc.O, compositore, producer, artista che molto deve al pensiero filosofico grazie al quale tesse ognuna delle sue opere strumentali. “Bananadera” uscito per Waste Noise, è un lungo viaggio dentro un dualismo che percepisco assai complesso: la ritualità e la terra contro la realtà amorfa del virtuale, che significa anche stasi e sedentarietà in risposta ai tempi liquidi di oggi. Il ritmo che certamente molto deve alla tribali, al Samba brasiliano, si innesta di matrici digitali che alludono al presente e alla finzione delle macchine. Tantissime le chiavi di lettura che sfuggono o che si mescolano inevitabilmente. Abbiamo indagato certi di riportare a casa un’intervista davvero molto interessante.
Siamo sempre colpiti dai nomi delle opere e cosa vi conducono a loro. “Bacanadera” penso abbia una gran bella storia dietro… cos’è?
Quando ha preso forma il progetto “Bacanadera”, mi sono reso conto di fare i conti con qualcosa di indefinibile da un punto di vista stilistico e non solo. Però avevo bene chiaro il fatto che questo progetto, aveva delle radici, ovvero che provenisse dal profondo dei miei “ricordi musicali” più antichi, di quando ero un bambino. Perché, come avviene per i ricordi legati a situazioni e a persone, che rimangono impressi nella memoria, spesso per ragioni incomprensibili, così avviene anche per i ricordi legati ai suoni, al contatto con quel mondo legato, in particolare, ad uno dei nostri 5 sensi e cioè all’udito. Quando si va a scavare nel profondo, nel tentativo di cercare le cause che hanno portato la memoria a salvare alcuni ricordi piuttosto che altri, si rimane sempre stupiti. E quando si tratta di ricordi, anche lontanissimi, legati alla musica, il tutto assume dei connotati quasi mistici, spirituali. Il progetto si è sviluppato su questi presupposti e necessitava di un titolo che avesse la capacità e la forza di esprimere le suggestioni contenute nel disco. L’incontro del termine batucada, (la ritmica tipica della musica brasiliana e non solo, che è alla base del samba, per intenderci e che ha origini antichissime ed è molto presente nel disco) con il termine baccanale, (un termine ricco di storia e che è legato ad un immaginario fatto di riti propiziatori e di iniziazioni e frenesia orgastica), mi ha fatto venire in mente questo neologismo “bacanadera” che credo renda bene quella sensazione di trasporto onirico, magico e spirituale, frenetico al tempo stesso, che credo si percepisca ascoltando l’album per intero.
E poi questo moniker che in qualche modo riprende il tuo cognome ma lo trasforma a guisa di sigla… perché?
È un gioco di significati che vuole rappresentare, innanzitutto, un omaggio alla musica digitale ed alla tecnologia e dall’altro canto vuole essere un richiamo diretto al mio cognome, anche se stilizzato, diciamo così, sotto forma di acronimo. In fondo è un po’ una provocazione: viviamo nella civiltà della sintesi, per cui gli acronimi sono sempre più utilizzati. E nel linguaggio dei social hanno assunto quasi la caratteristica dominante del linguaggio. Ebbene il mio è un acronimo che invece di semplificare un significato, sembra quasi che lo complichi. In verità il significato c’è: Digital Innovations Generate Creative Cool Oxygen da cui D.In.Ge.Cc.O, un termine che, guarda caso, è anche il mio cognome.
La maschera nel disco è presente come anche dentro le foto promozionali. Maschere diverse in un contesto che torna. Come le leggiamo?
Le maschere di “Bacanadera” sono le maschere dei Demoni, delle figure incontrate durante il mio percorso spirituale interiore.
Moderne, vestite casual perlopiù, a tratti quasi sbarazzine ma nel complesso decisamente inquietanti. Quando ci si immerge nell’inconscio, nel proprio inconscio, di questi personaggi ne escono fuori parecchi…ma aldilà delle battute, che comunque nascondono un fondo di verità: e qui apro una parentesi: pensa alle figure, alle maschere che sono emerse da quell’attività di autoanalisi, chiamiamola così per semplificare, che intraprese Jung (il famoso psicoanalista, filosofo) quando scrisse il Libro Rosso; un libro sconvolgente, pubblicato a quasi 50 anni dalla sua morte, che ancora è oggetto di analisi non solo nel mondo della psicoanalisi, ma anche in quello della filosofia contemporanea…Aldilà delle batture, dicevo, quante maschere siamo costretti ad indossare ogni giorno, assorbiti dai ruoli sociali che siamo chiamati a recitare? Ogni maschera ci rappresenta ed al tempo stesso ci limita. Limita la nostra capacità di seguire il nostro Daimon, la nostra vocazione, il nostro demone che ci vuole vivi e attivi e padroni della nostra esistenza. Rimaniamo invece spesso imprigionati da queste maschere che ci impediscono di essere veramente noi stessi e che ci imprigionano in una parvenza di vita.
E nella vita quotidiana? Le maschere sono un po’ come il suono digitale o come quello acustico? Domanda apparentemente assurda…
In parte credo di avere già risposto alla tua domanda, per la parte che rimane ti rispondo rovesciando un po’ la frittata e partendo da una considerazione…la differenza di percezione, che sicuramente c’è, tra un suono digitale e un suono acustico, come dici tu, è davvero così importante nella percezione di ciò che una sequenza melodica o armonica, oppure in generale possiamo dire, creativa, vuole comunicare a livello emotivo?
Sono stato sempre dell’opinione che la musica riesca a toccare alcune corde della sensibilità umana, per quello che riesce ad esprimere con i suoi contenuti. È il livello creativo che fa la differenza. Una buona interpretazione può sublimare una sonata per pianoforte di Beethoven o di Shubert ma è il contenuto creativo, che c’è alla base, che ti comunica emozioni. Una composizione che ha come substrato l’utilizzo di strumenti elettronici o digitali può essere banale o può comunicare emozioni tanto quanto la cosiddetta musica suonata con strumenti acustici.
Sinceramente credo che oggigiorno, sia attraverso la musica digitale che si riesce ad esplorare nuovi orizzonti creativi, musicalmente parlando e a contaminare i generi, fermo restando di avere un minimo di talento e una visione da realizzare per poterlo fare.
Per quanto mi riguarda ho sempre dato ampio spazio a questo elemento. E anche quando ho campionato una nota, per il tempo di un secondo solamente, di uno strumento suonato dal vivo (non ho mai campionato più di due secondi gli strumenti utilizzati in “Bacanadera”), ho poi sempre utilizzato quella nota risuonandola con le tastiere, modificandola, distorcendola, ricreandola e componendo, con quella sola nota, anche dei fraseggi, armonici o melodici, variandone la tonalità.
In musica e non solo, è cambiato il modo di creare e cambierà sempre più velocemente. Tuttavia, troppo spesso, questo nuovo modo di creare lo si vuole relegare in un genere o sottogenere, nel tentativo di sminuirne la reale potenzialità creativa e innovativa, come se la vera musica fosse altro. Io ho sempre cercato di donare, a questa nuova modalità espressiva, una sua coerenza e caratterizzazione, cercando di farla uscire da una gabbia preconfezionata, e nel tentativo di donarle nuove forme espressive e comunicative.
Se quindi, nell’accezione della tua domanda, per maschera s’intende qualcosa in grado di mistificare o di nascondere, in un’accezione negativa, ti rispondo dicendoti che non è il suono digitale od acustico che indossa una maschera, ma chi lo suona e ci sta dietro.
E per chiudere: quanta misticità e magia c’è dentro “Bacanadera”?
Credo che tutto il disco sia intriso di un’atmosfera psichedelica, spirituale e a tratti magica e futuribile, e sebbene sia un disco frenetico, ma che contiene anche momenti di calma e beatitudine, credo che sia, nel suo complesso, molto piacevole all’ascolto.
Parlo spesso di possessione sciamanica quando mi chiedono cos’è che ti ha ispirato nel realizzare questo progetto. In effetti è come se l’idea di realizzarlo fosse nata dopo il risveglio da un sogno intenso, magari un sogno lucido, in cui hai come l’impressione che qualcosa, di superiore, ti ha ordinato di darle una forma. Una presenza molto simpatica e carica di vitalità, questa essenza superiore, così come ancestrale e misteriosa… A parte le battute e un po’ d’ironia, che nasconde sempre un fondo di verità, ti basta come dose di magia e misticismo?
Grazie davvero a MEI per lo spazio che mi ha voluto dedicare e un caro saluto a tutti i suoi lettori.
https://www.youtube.com/watch?v=3MuxiPlyGq0
https://open.spotify.com/album/6Id42rH0sCZl0jZPacIOCa?si=e3fc8a72f175411d