Una delle meraviglie del nostro tempo così enormemente tecnologico è quella di possedere una chiara visione d’insieme di eventi tra loro distanti anni o decenni grazie alle numerose testimonianze audiovisive che restano accessibili a tutti in qualsiasi istante. Ciò che mi porta a riflettere su questo tema è l’uscita del brano dei Gazosa “L’Italiano”. Se questo nome non vi dice nulla, inizialmente, forse avrà più successo il titolo “www.mipiacitu”, tormentone dell’estate 2001, anno in cui i Gazosa vinsero, nella categoria “Nuove Proposte” il festival di Sanremo.
A distanza di vent’anni, ascoltare due prodotti fino a questo punto differenti crea uno scarto che sembra impossibile da giustificare: da un lato abbiamo degli adolescenti che comunicano ancora tramite email e dall’altro una band punk che grida frasi caustiche contro la mediocrità dell’italiano. Manca un anello e, affidandoci solo a questi ascolti, ovviamente non potremo mai trovarlo.
La differenza principale, per quello che ci riguarda, è la formazione del gruppo: è evidente l’assenza della voce femminile del gruppo del 2001, Jessica Morlacchi; al suo posto si fa avanti quello che in precedenza era solamente il chitarrista e che, come tutti i suoi colleghi, non fatica ad assumere anche il ruolo di cantante e frontman, Federico Paciotti. Questo cambio di formazione rende la diversa rotta sonora molto più naturale e digeribile. Parliamo un po’, però, del pezzo.
Musicalmente, è un bel singolo punk. Aggressivo, bel riff, ritornello forte, assolo di chitarra cattivo con annesse citazioni a Paul Gilbert. Dal punto di vista del testo, inoltre, siamo perfettamente all’interno di quella che è la nuova estetica del gruppo. È una canzone irriverente e provocatoria che ha come perno l’incrollabile amore italiano per cibo e calcio. Due luoghi comuni di una certa efficacia che però non fanno pienamente il proprio dovere.
È innegabile, certo, che la discussione sui meriti culinari risulti sempre come quel nervo scoperto sul quale non possiamo in alcun modo essere toccati. Lo stadio, d’altronde, non rappresenta più alla stessa maniera di appena qualche decennio fa la medietà dell’italiano. È un simbolo che ha visto scemare la propria forza in ragione di un settore le cui sfere più alte hanno subito un esponenziale processo di aristocratizzazione. Ne viene dunque che il ritornello del brano non colpisce nel cuore tenero della questione e la sua polemica irruenza ne risulta infiacchita.
Nonostante questo appunto, però, quello dei Gazosa è un ritorno che fa piacere, “L’Italiano” si lascia ascoltare e fa sperare di poter ascoltare altri pezzi simili dal carattere possibilmente più acuto e tagliente.