Mentre tornate dal ponte lungo di questo 25 aprile per riaddentare finalmente ciò che vi è rimasto delle uova di Pasqua dell’altra settimana vi racconto qualcosa delle nuove uscite di venerdì scorso.
Partiamo da Volevamo solo essere felici. Il nuovo lavoro di Francesco Gabbani si mantiene fedele allo stile di scrittura cui ci ha abituati il cantautore carrarese e cioè una mescolanza di stili che fa incontrare scienza, filosofia e un registro popolare. Al centro dei testi si trova l’espressione di sentimenti intimi e personali sul mondo odierno e moderno e il peso delle sue contraddizioni sull’individuo. Vale la pena mettere l’accento su Peace & Love, una bella intro e un leggero monito a dare il giusto valore al tempo, e Sangue Darwiniano, che gioca su una serie di dicotomie tra l’assurdo e l’ossimorico per celebrare simultaneamente l’importanza di abbracciare allo stesso modo le nostre diversità e la bellezza del singolo. Aiuta ad apprezzare specialmente questi due pezzi il fatto che rimandino entrambi, per motivi diversi, a Occidentali’s Karma: il primo ne ricalca l’atmosfera in modo marcato nell’arrangiamento e nel ritmo della melodia; il secondo ne fa una citazione diretta con un’improvvisata televendita telefonica che menziona il “Buddha in fila indiana” del suo brano più famoso. D’altro canto, questi rimandi sono anche sintomo della mancanza di una personalità ben definita dell’album.
Parlando invece di singoli, la settimana scorsa sono stati pubblicati anche altri pezzi di cui può essere interessante fare menzione.
Il primo è l’estratto dal nuovo album, previsto per il prossimo autunno, di Alan Sorrenti. L’ultimo LP del cantante risale al 2003 (Sott’acqua). Questo nuovo pezzo s’intitola Giovani Per Sempre ed è semplicemente un pezzo alla Sorrenti: una chitarra sincopata bagnata di chorus, un pattern di batteria un po’ motown, percussioni, archi e sintetizzatori e l’incantesimo viene lanciato. È un pezzo, insomma, che crea le giuste aspettative per il lavoro completo.
Il secondo è un altro morceau di un progetto più ampio che, ancora una volta, segna un ritorno sulle scene. Parlo di Spacecraft di Dolcenera. Un brano dalle chiare tinte anni ’80, molto dinamico e veloce in cui la cantautrice salentina sviluppa una storia fantascientifica basato su un sogno della stessa Dolcenera. Aspettiamo di sentire se il resto dell’album porterà oltre quest’atmosfera nostalgica (come per esempio Sob Rock, l’ultimo album di John Mayer) o se invece andrà in una direzione completamente diversa.
Il terzo è il nuovo brano di Matteo Romano, Apatico. Il testo dimostra una maturità maggiore rispetto a Virale, portato a Sanremo, mentre l’arrangiamento rimane molto semplice e poco ispirato nonostante le belle armonie dello special. Una buona crescita in un percorso ancora visibilmente alle prime fasi.
Le cose più intriganti, in conclusione, sono senz’altro le anticipazioni di album di prossima pubblicazione, di cui parleremo presto insieme.