Quando si parla di musica leggera, oggi, sovvengono alla memoria un sacco di cose: ovviamente, la mente non può che volare al recente successo (oddio, oramai di tempo ne è già passato…) di Colapesce e Dimartino, con il quale i due artisti siciliani hanno saputo imporsi al grande pubblico; viene in mente la canzone all’italiana, l’arioso tipico delle belle melodie nostrane che nel corso degli anni hanno sancito il successo musicale del Belpaese nel mondo. O ancora, la canzone napoletana, i successi sanremesi, le hit del Festivalbar ma anche la canzone d’autore… insomma, di ricordi associati ai termini “musica leggera” ne abbiamo tutti tantissimi, e tanto variegati.
Di certo, nel grande minestrone della “musica leggera” ha sempre fatto fatica a rientrare un certo tipo di ascolti che pur mantenendo un afflato fortemente “popolare” vengono meno di quella forma-canzone che ne determinerebbe, almeno apparentemente, la condizione di “canzonetta”: penso, in primis, alla musica strumentale o ancora alla musica disco, o a qualsiasi tipo d’espressione musicale che prescinde dal testo, ne fa a meno per esprimersi attraverso suoni che diventano significanti.
E’ questo che fa la musica di Federico Cacciatori, giovanissimo compositore toscano che già da qualche anno sta facendo conoscere il proprio nome ad un settore sempre più impantanato nelle pose di sé stesso, fino al punto da disinteressarsi spesso di ciò che esula dal prevedibile: sì, perché la musica di Cacciatori si veste di colori (e chi conosce la discografia dell’artista, saprà che questa altro non è che una citazione ben mirata…) che assumono un senso anche senza bisogno di precisi significanti verbali, restituendo al suono la propria dimensione demiurgica di “generatore di senso”. Sono vere e proprie “storie” quelle che Federico racconta attraverso la propria musica, cross-over di influenze che vanno dal rock al psichedelico, passando per il nu-classic fino ad arrivare, oggi, alla techno.
Mondi celesti e galassie lontane (quelle raccontate nel primo album “Moments From Space”) che si alternano a derive distopiche alla “Blade Runner” fatte di droni, robot e città virtuali, denunce di una deriva socio-culturale che oggi sembra averci imprigionato nei pochi centimetri quadrati di un cellulare: Federico impugna le bacchette (Cacciatori “nasce” batterista) ma stavolta le usa da direttore d’orchestra sui generis, offrendosi di dirigere un’ensemble di sintetizzatori che inevitabilmente catapultano l’ascoltatore in mezzo a mondi altri, futuri prossimi (ma forse nemmeno così tanto…) e una latente sensazione di alienzione che si confonde nel ritmo incalzante e quasi orgiastico di un brano che fa dell’eccesso la propria chiave di accesso alle nuove direzioni musicali di Cacciatori.
“Mondi Virtuali” rappresenta una rottura con il passato, per Federico, che allo stesso tempo ci offre il gancio utile a chiudere il ragionamento iniziato in apertura, circa l’essenza della musica leggera. Ecco, crediamo oggi più che mai necessario abbattere quelle distanze che per troppo tempo sono state incoraggiate dalla stessa stampa di settore nella differenziazione fra generi e categorie che oggi appaiono quanto mai capaci di contaminarsi fra loro: anzi, la contaminazione resta forse l’unico modo per salvare la creatività dallo stagnamento settorializzato; perché non potremmo imbatterci, senza stupore, nella riproduzione in radio o nelle principali playlist editoriali, di un brano come “Mondi Virtuali”? Perché ancora spavento lo statuto “strumentale” di un brano, prima ancora che la sensazione che organicamente ne deriva dall’ascolto?
Federico è più pop di quanto possiate credere. E la dimostrazione la avrete domani, quando su tutte le piattaforme digitali potrete ascoltare “Mondi Virtuali”, il nuovo singolo del compositore massese. Intanto, però, date anche voi uno sguardo sui mondi di Federico attraverso lo spioncino offerto dall’artista, che proprio ieri ha pubblicato in anteprima il brano attraverso il futuristico videoclip che trovate al link qui sotto.