Gli Oslavia ci presentano in anteprima il prossimo singolo, una cover decisamente interessante de “La Peste” di Gaber. Un brano che fanno loro non solo nelle sonorità, ma anche nel messaggio. Più che mai attuale. Ci raccontano tutto in questa intervista esclusiva per le nostre pagine virtuali.
1 – Ciao Oslavia e ben trovati! Per prima cosa presentatevi al pubblico del MEI.
Eccoci! Siamo gli Oslavia: Eugenio, Aika, Paola, Gianluca e Paolo. La band è nata quasi sette anni fa a Milano dall’esperienza di progetti precedenti, tutti piuttosto differenti tra loro. Abbiamo trovato un punto comune nel cosiddetto alternative rock e scrivendo brani in italiano.
2 – “La Peste”, il vostro nuovo singolo, è una cover del celebre brano di Gaber e Luporini. Perché avete scelto questo importante brano?
Paolo è un grande fan di Gaber e, durante il primo lockdown del 2020, ha registrato – un po’ come esperimento – una prima versione di La Peste con Eugenio. Poi, sentito il risultato, il pezzo è piaciuto a tutta la band e ci abbiamo lavorato su insieme. Nella versione originale il brano riprendeva temi legati al contesto fortemente ideologizzato degli Anni 70; noi abbiamo cercato di riproporlo contestualizzandolo nella società di oggi, caratterizzata da nuove paure. Dal punto di vista musicale abbiamo cercato di reinterpretare il pezzo con profondo rispetto verso l’originale e adattandolo al nostro stile musicale: ne abbiamo esaltato la componente ritmica e abbiamo scelto suoni e arrangiamenti più rock (già comunque chiaramente presenti nell’originale), ma allo stesso tempo abbiamo mantenuto viva la componente teatrale, che è uno dei tratti distintivi del Teatro Canzone di Gaber e Luporini. Inoltre, suonare un pezzo di Gaber a quasi 20 anni dalla sua scomparsa – e a quasi 50 dall’uscita dell’album di cui La Peste fa parte – è non solo un’occasione per ricordare uno straordinario artista, ma anche di dimostrare quanto il suo messaggio sia ancora attuale, in una società che nel frattempo è profondamente mutata.
3 – C’è, nelle vostre intenzioni, un parallelismo tra il brano e la situazione pandemica, ma anche bellica, che il mondo sta attraversando?
Sì, certo, la peste del brano può essere riletta ora come una metafora della pandemia, o anche di tante altre paure che esistono nella nostra società, quali quella della guerra (ma se ti riferisci alla guerra in Ucraina, in realtà questa è scoppiata quando la lavorazione del pezzo era già terminata. Ribadiamo: sono passati cinquant’anni dall’uscita de “La peste” ma il pezzo (come tanti altri di Gaber del resto) riesce ad essere ancora straordinariamente attuale.
4 – Siete una formazione rock “old school”, lontani dalle dinamiche discografiche di questi anni, più rivolte all!urban e allo hip hop. In che modo un progetto come il vostro si colloca nel presente e, in generale, cosa ne pensate della musica di oggi?
Nella band siamo tutti grandi divoratori di musica dei più svariati generi: rock, punk, pop, prog, jazz, classica, ecc. Prima ancora che musicisti siamo sempre stati grandi appassionati di musica e d’arte più nel complesso. Abbiamo la fortuna di vivere in un momento storico in cui la produzione musicale è estremamente ampia e qualitativamente elevata. Per chi ha voglia di cercare nuova musica, non necessariamente legata ai generi 1 che tu citi (che in molti casi peraltro apprezziamo), esiste l’opportunità di ascoltare grandi artisti che stanno proponendo cose molto interessanti. Basta avere la voglia di scavare un po’ oltre la superficie mainstream, che comunque in diversi casi non disdegniamo, anzi. In questo senso il web, le fanzine specializzate, ecc. rappresentano importanti canali che solo fino a qualche decennio fa non esistevano o erano meno accessibili a un pubblico più vasto.
5 – Quali sono i vostri prossimi impegni? Cosa seguirà alla pubblicazione de “La Peste”?
Questa primavera entreremo in studio per registrare il nostro terzo album, che riprende e sviluppa ulteriormente la cifra musicale che abbiamo iniziato a definire nei due album precedenti. Inoltre, stiamo riprendendo l’attività live, anche con l’aiuto di Black Dog Management che ormai da un paio d’anni (pandemia permettendo) ci sta supportando nell’organizzazione delle date.
Marta Scaccabarozzi – 19 Media Agency
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