Locdown, restrizioni, solitudini e poi l’incontro con il producer e infine una nuova luce. Si titola “Incagli” questo delicatissimo lavoro di folk antico sospeso dentro il digitale che sa di cemento e urbanizzazione. Sa di trasparenza questo disco di Dragoni, che cerchiamo di indagare più da vicino anche se va detto subito che il lavoro richiede tanti ascolti, tante migrazioni in direzioni diverse dentro le tante chiavi di lettura. Tra qualche sapore anni ’80, dentro qualche figura sghemba di suono, dentro quelle voci di Dragoni, mixate lontane, nebulose, astratte delle volte… dentro i percorsi strumentali che ancora di più fanno perdere la direzione. Ed è questo il bello…
Esordio davvero interessante. Un disco che a quanto pare ha portato con se la pandemia o sbaglio?
Senza la pandemia il disco non sarebbe esistito, ma spero che il disco si lasci la pandemia alle spalle.
Interessante anche e soprattutto nelle tante citazioni di stile che possiamo rintracciare. Dall’Italia e dalla sua scena indie che cosa hai preso?
Anche se dal punto di vista sonoro possono sembrare piuttosto lontani, i Fine Before You Came sono stati uno dei primi gruppi della scena italiana che mi hanno fatto venire voglia di scrivere testi in italiano.
Suono acustico e suono digitale. Parlaci di produzione… come hai equilibrato questi due mondi?
Anche se le canzoni sono nate in versione acustica, mi piaceva l’idea di arricchire il suono con contaminazioni elettroniche. Il merito dell’equilibrio è di Lorenzo BITW, che ha curato la produzione. Ci siamo visti in studio e abbiamo lavorato alle canzoni in modo spontaneo, senza fretta, per valutare quello che funzionasse meglio per ciascuna traccia.
E cosa ha davvero portato fuori dalla tua “stanza” queste canzoni? Cosa ti ha spinto al lungo viaggio della produzione?
La curiosità: volevo chiudere il cerchio e mettere insieme un disco. Il viaggio è stato faticoso, ma anche molto divertente.
Dal vivo Dragoni? Che storia raccontiamo?
È una storia ancora da scrivere.