Era il 2002 quando cominciava ad affacciarsi nel mondo della musica italiana una nuova agenzia di promozione unica nel suo genere, che promuoveva band, gruppi di base, indipendenti ed emergenti nel circuito dei media nazionali e delle radio. Internet era agli albori, Spotify non esisteva, ma Fabio Gallo ebbe una grande visione: dare voce e diffondere il suono che fuorisciva dalle cantine. Quest’anno L’Altoparlante festeggia il suo ventennale.
Come ti è venuta questa idea?
“Ai tempi della prima superiore di sera uscivo di casa e andavo in una radio privata. Parcheggiavo il motorino, entravo, e dalle 21 alle 23 sceglievo i brani poco suonati da inserire nel bobinone trasmesso nel notturno. Andavo il sabato pomeriggio prima in un negozio di dischi, poi in una edicola dove compravo la “Domenica del Corriere” per il nonno, ma di nascosto leggevo le nuove uscite sulle riviste. Appuntavo tutto su un notes e poi quando andavo in radio vedevo se quei dischi erano arrivati e sceglievo un paio di brani da ognuno. E cominciai a pensare che per tutta la vita avrei voluto fare quello. Non è andata proprio così, ma quella fu la prima idea: diffondere gli sconosciuti o i non suonati, che a quel tempo erano Banco o Santino Rocchetti, Talkin Heads o Siouxsie and the Banshees, Ultravox o Tangerine Dream: o le B side di Ivan Graziani e Fossati. Nomi a caso fra centinaia di altri”.
E poi come si è evoluta?
“Ho cominciato, sempre a quei tempi, a scrivere di musica per gli inserti studenteschi, andavo al centro sociale a raccogliere le 500 lire per far venire i gruppi ska/punk da Torino o da Milano. Quindi vagiti di giornalismo e passione per il live e, a metà anni 90 fondai una rivista di clubbing distribuita gratuitamente dapprima in Piemonte, e poi in tutti i club italiani, insieme a dei ragazzi appassionati dando voce ai gruppi emergenti e riportando la programmazione di ogni angolo in cui si suonasse”.
Come nasce quindi L’Altoparlante?
“La prima illuminazione mi fu data dai creatori di Napster a fine millennio, che mi dissero che dentro una scatola di cerini ci sarebbe stata ogni opera d’arte e ogni informazione. Che l’informazione sarebbe totalmente cambiata, così come la diffusione. Maturai quindi l’idea di spostare le mie competenze sulla promozione, di unire l’antica passione per la radio con quella del live e del giornalismo. Cominciai a scrivere per le riviste che adoravo, sbirciavo, compravo (Rockstar, Rockerilla, Tutto) e mi misi a telefonare a tutte le radio d’Italia chiedendo di passare brani che non arrivassero dalla major. E comprai un portatile”.
Cosa è cambiato da allora?
“Potrei risponderti che è cambiato il mondo, ma sostanzialmente ti direi che è cambiato poco. Ci sono sempre migliaia di ragazzi che inseguono il sogno della musica, che hanno il talento e la luce negli occhi. E’ cambiato il modo di fruire e di informarsi, e su questo L’Altoparlante è stato sempre attento e al passo coi tempi, oserei dire, se mi è concessa un po’ di presunzione, addirittura precursore, ma il cuore e le ambizioni rimangono sempre quelle.”
L’Altoparlante ha però promosso anche molti Big della canzone
“Si, alcuni lo sono diventati per nostra felicità, altri sempre e solo quando hanno preso delle pause dalle major o avevano bisogno di essere seguiti in una maniera più approfondita, ma non è un lavoro così diverso da quello di un giovane all’esordio: cambiano solo i referenti.”
Qual è stata la tua più grande soddisfazione?
“Ti dico la seconda: I festival di Sanremo, i premi prestigiosi vinti dagli artisti promossi e l’aver lavorato con molti dei miei idoli, quelli di cui prendevo i dischi in mano da ragazzo, quelli per i quali facevo chilometri per sentirli suonare, quelli per cui ho pianto, gioito, cantato con le loro canzoni. La prima è svegliarmi ogni giorno e vedere che a fianco a me ho sempre un gruppo di ragazze che mi segue da anni, che sono la mia famiglia e quella di ogni artista che curano, che sono diventate giorno dopo giorno preparate e sono cresciute con i dogmi dell’ineccepibile professionismo, prendendosi cura dei sogni che gli artisti ci affidano, ma soprattutto continuando ad alimentare i miei.”
Foto: Luca Carboni con Fabio Gallo al MEI 2021
(A cura di Michele Bandini)