Dopo anni passati a peregrinare tra le galassie della musica cimentandosi in tutte le sfumature del linguaggio (dal pop al folk passando per la sperimentazione più ardita), dopo aver navigato da vera cosmonauta su palchi disseminati ai quattro angoli del globo (dagli Stati Uniti per SXSW 2018 all’Islanda per Iceland Airwaves Festival, dividendo il palco con alcuni fra i più importanti nomi della scena nazionale ed internazionale), dopo aver esplorato le profondità della musica contemporanea al fianco di Blindur (con cui ha publicato due album e quattro EP per La Tempesta Dischi), Carla Grimaldi disegna nuove traiettorie celesti per lanciare in orbita il proprio talento: dal 12.1.2022, atterra su tutte le piattaforme d’ascolto digitali “Nebula”, l’esordio da solista della violinista. Abbiamo fatto qualche domanda all’artista per saperne di più sul suo battesimo solista: buona lettura!
Bentrovata su MEI, Carla. Allora, cresci musicalmente come musicista-turnista per Blindur, ma oggi esordisci come solista. Da dove nasce l’esigenza di affacciarti “da sola” sulla scena?
Blindur mi ha sempre dato e continua a darmi tanta libertà artistica, e personalmente non mi sono mai identificata nella figura di turnista. Piuttosto, mi sento parte integrante del progetto a tutto tondo, e questo è motivo di grandissimo orgoglio per me. Al contempo, penso che sia naturale per ogni artista, ad un certo punto del proprio percorso, voler eplorare nuovi orizzonti, navigare acque sconosciute, mettersi alla prova, ed è forse questo che mi ha spinta a dare il via al mio progetto solista, insieme a varie melodie accumulate negli anni che fremevano dalla voglia di essere registrate.
Guardiamo un po’ a ritroso. Ti va di dirci chi è Carla Grimaldi, e com’è nato il suo rapporto con la musica?
Carla Grimaldi è una ragazza molto curiosa, che ha studiato Geologia all’università, ma ha sempre amato la Musica. Non ha avuto un percorso lineare come musicista, iniziando a suonare il violino un pò tardi e da autodidatta. Ha suonato tanta musica folk e tanto rock, girando l’ Italia, l’Europa e gli USA con Blindur. Negli ultimi anni si è avvicinata alla musica classica e alla composizione e attualmente non vede l’ora di tornare in tour.
La cosa più importante per te?
Viaggiare, tanto tanto tanto tanto tanto [cit.].
E invece, la tua peggior paura?
Questa domanda mi fa sentire a lezione di “Difesa contro le Arti Oscure” ad Hogwards, al cospetto di un molliccio. Beh, direi che il mio molliccio è proprio quello di Newt Scavander: la scrivania di un ufficio.
Arriviamo al dunque. “Nebula” è un esordio che differisce da ciò che siamo soliti ascoltare su queste colonne: la traccia è un’orchestrazione per archi dotata di un dinamismo sospeso, che in qualche modo sembra davvero riuscirci a portare tra gli astri. Ci racconti come nasce il brano, e come mai hai deciso di intitolarlo “Nebula”?
Quando ho scritto “Nebula”, mi sono immaginata vagare nello spazio contemplando i corpi celesti. Lo immaginavo spesso durante le lezioni di fisica all’università, e ho provato a descrivere con la musica le mie sensazioni: i pizziacati sono le stelle lontane, le linee melodiche lo stupore e la sinfonia dei pianeti, il cambio di tonalità una stella che sta nascendo. Mi è sembrato naturale utilizzare un nome scientifico che racchiudesse il concetto di “nascita” e da lì l’ intuizione di “Nebula”: il nome scientifico delle nebulose, la materia prima da cui si formano le stelle.
In realtà, il titolo del suo brano d’esordio è un senhal efficace a farci già intendere la
direzione di un’operazione artistica che porterai avanti, da quello che si legge nelle tue note stampa, anche nel prossimo futuro, con una manciata di brani dedicati all’ambiente… ce ne parli meglio?
Mentre con “Nebula” l’ispirazione era legata ai viaggi nello spazio cosmico, altre composizioni sono state ispirate da concetti più “terrestri” quali l’inquinamento, la sostenibilità ed il Cambiamento Climatico. Sono questi i temi su cui andrò a porre l’accento in futuro, temi a me estremamente cari, che ho studiato durante il mio percorso universitario e per i quali credo sia importante impegnarsi.
Hai collaborato in tal senso anche con un brand partenopeo dedicato al recupero di capi d’abbigliamento dismessi o lasciati in giacenza per anni nei fondi di negozi e magazzini. Perché questa sinergia, e come nasce il vostro incontro?
L’incontro tra me e APNOEA, brand partenopeo di Pina Pirozzi ed Enzo Della Valle, è stato casuale, ma l’intento di collaborare è nato con estrema naturalezza proprio perchè condividiamo ideali importanti legati alla visione impegnata dell’Arte e al concetto di sostenibilità e rispetto dell’ambiente. Inoltre, APNOEA propone una nuova visione della forma e della sostanza all’interno dell’universo femminile, grazie alla realizzazioni di abiti sizeless, senza taglia, secondo il tentativo di far aderire un abito non al corpo, ma alla personalità di chi lo indossa. Questi presupposti, insieme con la straordinaria bellezza dei loro capi, mi hanno totalmente rapita, e sono felicissima della nostra collaborazione.
Chiudiamo con le domande di rito: dacci tre consigli d’ascolto, preferibilmente di artisti che non conosciamo ancora!
Nicola Benedetti – Salut d’amour Op. 12 (in assoluto la mia violinista preferita);
Allison Ponthier – Faking My Own Death (le orchestrazioni sono di un violinista che è grande fonte di ispirazione per me);
Lindsey Stirling – Song of the Caged Bird (la mia violinista tamarra preferita);
E già che ci siete… date un ascolto a 3000X di Blindur che non guasta mai!
La tua promessa (che non manterrai) per il 2022?
Finire di guardare Il Signore degli Anelli.