Un focus ed una intervista a Michele Fenati, artista di cui abbiamo ampiamente parlato e che da sempre ha restituito al pop una visione classica, rivestendolo di un dizionario diverso dal solito cliché di cui si caratterizza la forma a cui siamo abituati. Ma qui il popolare è di casa e questa volta è proprio al grandissimo Secondo Casadei che il nostro dedica la sua voce inedita con un nuovo brano dal titolo “Il mio nome è Aurelio”. Omaggio a “Romagna mia” ma anche a tutto quell’immaginario che la famiglia Casadei ha sempre portato in giro non solo per l’Italia intera ma anche per il resto del mondo: parliamo del liscio e delle sue tante contaminazioni di stile e di cultura. Un brano che coccola e celebra con emozione la cultura e la tradizione del nostro paese.
Da tanto hai tradotto al classico la voce del popolo, se mi permetti la sintesi. Qui sembra di essere invece rimasti ancorati alla voce popolare. Come a dire, se riesco a spiegare la mia sottile impressione: brani così potenti sotto l’aspetto popolare difficilmente si possono vivere in altra chiave… cosa ne pensi?
Penso che tu abbia ragione, ma penso anche che (quasi) tutti i brani, anche quelli di estrazione popolare, nascono semplicemente chitarra e voce o pianoforte e voce, esattamente come “Il mio nome è Aurelio”. Quel giorno ero talmente “esaltato”, passami il termine, che ho inviato il provino piano e voce a Riccarda Casadei, per avere la Sua impressione a caldo, senza aspettare il brano arrangiato con clarino, violino, chitarra…
Ho sempre vissuto 2 dimensioni: quello live e quello in studio. Nei live arrangerò il brano per chitarra, violino, violoncello e pianoforte e penso possa avere la stessa profondità.
Ecco parliamo di Secondo Casadei: cosa rappresenta per te e per la tua musica?
Secondo Casadei rappresenta quella alchimia particolare che raramente si riesce a percepire. Secondo Casadei è per la musica e la Romagna quel che il Colosseo è per Roma o il Duomo per Milano. Credo sia quasi impossibile per un musicista nato e vissuto in Romagna non avere un legame affettivo con questo grande e appassionato musicista e questo a prescindere dal genere che si fa.
Io non ho mai cantato il liscio, ma mi sono accorto di averlo come cultura nel DNA e questo è un grande bagaglio di cui devo ringraziare Secondo Casadei e quelli come lui
Cosa ti ha spinto proprio in questa direzione, proprio tra le braccia di questo brano?
Un motivo non c’è. Sono molto legato alle nostre tradizioni, alla cultura contadina, al modo semplice di vivere le quotidianità e a volte ho ancora voglia di sognare.
Avevo una melodia in testa, mi sono messo al pianoforte e le parole sono uscite con naturalezza: stavo raccontando la vita di Secondo Casadei, tra musica, ballo, paesi e città, le balere, la vendemmia… e i caplèt!
E come si sposerà con la tua prossima produzione?
La mia prossima produzione sarà una raccolta di brani che ho scritto durante le varie tappe della mia carriera. Generi anche diversi uniti da un filo di parole, musiche e suoni e passione per la musica e per le parole.