Ci sono dischi, o più in generale opere artistiche, che hanno la capacità di catapultare l’ascoltatore, il pubblico, in un mondo che ad oggi potremmo definire onirico. Fatto di sensazioni, suoni, immagini che fanno parte della nostra storia ma che, con il sempre più veloce mutare delle mode e, in generale, della società e del concetto di vita stessa, sembrano quasi elementi di un universo parallelo, o del sogno. La prima metà del ‘900, periodo così ricco artisticamente parlando ma anche segnato da ben due conflitti mondiali, rientra forse in questa categoria di “cose passate”, per le quali il termine “vintage” ne ha sancito un ritorno in veste modaiola. Oggi, nel 2022, l’artista Matteo Ferrari riporta in scena, e in musica, proprio quel periodo grazie alla release del disco “Maramao” (Bluebell Disc Music), nel quale interpreta in modo fedele all’originale 14 brani swing nati a cavallo dei due conflitti mondiali. Un lavoro interessante, curato ed elegante che ci ha spinti a fare una lunga e piacevole chiacchierata con Matteo. Ecco cosa ci ha raccontato.
Ciao e benvenuto nella #NewMusicThursday. Pubblichi oggi il tuo nuovo disco Maramao. Come ti senti? Emozioni?
Ho il cuore che mi batte a mille perché si tratta di un lavoro che mi ha impegnato diversi mesi e al quale tengo molto. Sapere che tra poco potrà essere ascoltato in tutto il mondo mi emoziona molto.
Il lavoro è composto da 14 cover di altrettanti brani italiani scritti nel ventennio intercorso tra i due conflitti mondiali. Scelta particolare e coraggiosa. Da dove nasce l’idea?
Vengo dal musical theatre e di questo genere amo particolarmente Gershwin, Porter, Berlin, Kern. Sono compositori che, da oltreoceano, hanno ispirato il lavoro dei nostri compositori: Giovanni D’Anzi, Carlo Innocenzi, Nino Casiroli e Mario Consiglio, solo per citarne alcuni. Penso sia stato il binomio Italia/America ad affascinarmi, il jazz e lo swing che dai primi del Novecento hanno iniziato a influenzare la canzone napoletana e l’opera; tutto ciò, in me, è venuto in maniera molto spontanea. Coraggiosa, invece, definirei la scelta che una storica etichetta come Bluebelldisc Music ha voluto fare pubblicando il mio lavoro e distribuendolo in tutto il mondo, eccetto Stati Uniti e Canada dove un’etichetta di Broadway altrettanto coraggiosa, la PS Classics, lo distribuirà.
Importante il lavoro di arrangiamento che, mantenendo l’anima originaria delle composizioni, le attualizza con eleganza. Come è stato questo processo creativo?
Maramao nasce prima di tutto come concerto; grazie al cielo, nonostante la situazione sanitaria, sono riuscito a cantare dal vivo questi brani sia prima, sia dopo la pandemia. Nella creazione degli arrangiamenti, scritti da Riccardo Barba, come nella scelta delle canzoni da inserire è stata fondamentale la risposta avuta dal pubblico nei mesi precedenti: le reazioni ai testi drammatici, i tempi comici… Cerco sempre di andare all’origine dei lavori che affronto, cerco le varie edizioni stampate dello spartito ed ascolto varie interepretazioni per sia per capire le volontà di paroliere e compositore, sia per sentire come viene affrontrata da altri interpreti.
Tra i 14 titoli, quale (o quali) senti più vicino a te, al tuo modo di essere artista ed interprete?
Non ho un titolo in particolare, vado a periodi. In questi giorni mi sento legato a “Tu, musica divina”. Le atmosfere create dai cromatismi e il testo, una dichiarazione d’amore alla musica, lo rendono un gioiello di rara bellezza.
Grande attenzione anche all’immagine. Attraverso le fotografie e lo styling ci riporti indietro nel tempo, in un lavoro a 360° con la musica stessa. Con chi hai lavorato per ricreare personaggio e immaginario?
Giuseppe Gradella, il fotografo che con Veronica Pattuelli e Lucia Santorsola (Stylist e Make-Up & Hair Stylist) si è occupato dell’immagine, ha fatto un ottimo lavoro! Maramao è un album pieno di contrasti poiché si tratta di canzoni scritte negli anni Venti, Trenta e Quaranta: tempi non facili per il nostro Paese dove tutto ci si poteva aspettare tranne la composizione di canzoni così sofisticate ed eleganti come quelle che canto. Volevo che anche l’immagine riportasse a ciò, per questo motivo ho scelto di girare il servizio fotografico vestito di tutto punto ma in un vecchio mulino abbandonato che si trova a Borgo Valsugana, il mio paese. Si tratta di un luogo rimasto ibernato negli anni in cui vi lavorava mia nonna; è stato molto emozionante immaginarla ancora lì, penso sarebbe orgogliosa di me.
La tua altre grande passione è il teatro. Cosa ti lega ad esso e in che modo esso è collegato alla tua musica?
Essere attore e allo stesso tempo cantante mi mette a mio agio. Parola e musica hanno, di per sé, grande forza… figuriamoci mescolate! Penso che il teatro mi leghi alla musica nel modo che ho di affrontare un brano. La narrazione della storia per me è fondamentale, per questo in ogni canzone la metto al primo posto. Per centinaia di anni si è dibattuto molto su cosa dovesse venire prima nel teatro musicale, la musica o la parola? Io penso che la musica arriva quando le parole recitate non sono più sufficienti a comunicare un sentimento.
Potremo vederti dal vivo nei prossimi mesi? Se sì, dove?
Sì, sabato 26 febbraio all’Auditorium Vivaldi di Cassola, in provincia di Vicenza, presenterò tutto il repertorio del mio album, insieme ad altri brani dello stesso periodo, nel concerto Maramao, canzoni tra le guerre.