La voce in rosa si fa sempre più presente nella scena indie italiana. Da tempo ci siamo occupati di nuove realtà tutte al femminile che come leitmotiv sembrano portare alta la bandiera della propria identità, libera, riconoscibile a prescindere dalle categorie che siamo abituati a dare ad ogni cosa. Lei è Melina, in arte Carmen Lina Ferrante, e questo dal titolo eloquente “Esiste!” vuol essere un vero e proprio manifesto esistenzialista. In bilico tra leggerezze pop e sghembe forme di jazz, tra quel retrogusto di teatro e ironia sensibilissima, Melina affronta il tema dell’esistere e della dignità che deve avere a prescindere dalle mode, dalle forme, dal comune pensare. Il normale viene messo sotto accusa. Il normale diviene solo bandiera di libera espressione. Un breve Ep di esordio, coraggioso nel violare le regole.
Si torna a parlare di “quote rosa” anche dentro una musica che troppo spesso è affidata agli uomini. Noi puntiamo molto su questo concetto. Secondo te esiste discriminazione anche in questo mondo?
Si, anche nel mondo della musica purtroppo c’è disparità ed anche tanta. Venendo dal jazz, posso affermare senza dubbio che in questo ambiente il maschilismo dilaga: se suoni uno strumento devi essere brava il doppio di un uomo nella media per essere presa sul serio, mentre se sei una cantante sei associata ad uno stereotipo di donna frivola, musicalmente ignorante, che bada alle apparenze e che vuole stare al centro dell’attenzione, mentre i “veri musicisti” restano nella penombra. Questo stereotipo è sintomo non solo di profondo sessismo, ma anche di una grande ignoranza riguardo il mondo del canto e della dedizione e studio che necessita. Inoltre se sei di bell’aspetto questo verrà sempre prima della tua bravura e professionalità, mentre se non lo sei, e magari hai anche uno stile mascolino, questo diventa uno degli scusanti del tuo talento. Questi aspetti che ho potuto tastare con mano nell’ambiente jazzistico, penso siano presenti un po’ in tutto il mondo della musica. Come dimostrano le classifiche c’è un disequilibrio a sfavore delle donne, e pensare che il motivo sia che le donne sono meno brave significa non guardare alla realtà dei fatti ed essere parte integrante di questo meccanismo malsano. In generale mi trovo d’accordo riguardo l’utilizzo delle quote rosa: penso sia un giusto rimedio temporaneo che potrebbe aiutarci a smorzare il nostro sessismo interiorizzato e abituarci a vedere più donne negli ambiti in cui queste sono più discriminate, finchè non diventerà la normalità.
Tempo, le voci di corridoio, evadere e riprendere se stessi. Punti chiave di questo primo lavoro vero?
Questo lavoro è un po’ una sintesi di quattro concetti chiave in cui credo, che cerco di portare sempre dentro di me: non scendere a compromessi con la superficialità, con le parole vuote, sfuggire alla banalità grazie alla fantasia; non smettere mai di riconoscere la propria fragilità e rendersi capaci di accettarla per canalizzarla nell’arte; non dimenticare la preziosità del tempo, agire nel presente per il futuro, sforzarsi di non vivere tra procrastinazione e idealizzazione; coltivare la semplicità, ovvero la complessa accettazione della propria unicità ed imperfezione al di là delle proiezioni della nostra mente, in una visione realistica di noi stessi.
Come mai un Ep di 4 brani? Ispirazione del momento o stai tastando il terreno prima del disco?
Entrambe le cose: da una parte è un inizio, un piccolo passo nell’ottica di progetti futuri più ampi; dall’altra ho scelto questi quattro brani perchè per me hanno un peso ben specifico. Sono tre brani che ho composto cinque anni fa e che ho scelto di unire al brano più recente “Il tempo che non vivo”, in cui è racchiuso il concetto che mi ha spinto finalmente a concretizzarli e pubblicarli. Sono legati ad un mondo emotivo-sonoro-immaginativo che ha vissuto nella mia testa per tantissimo tempo e che aveva bisogno di essere esternato per permettermi di andare avanti ed evolvermi. Un esperimento, ma soprattutto il mio primo passo per iniziare ad esistere. Tanto tempo fa, quando ancora non avevo i mezzi per creare la mia musica ma potevo solo immaginarla, non riuscendo a comunicare a pieno il mio mondo interiore mi ero convinta di non esistere. Da questo “Esiste!”, perché sì, la mia musica esiste davvero e non è più solo una visione solitaria ed utopistica. Imperfetta, impulsiva, colorata, la mia musica esiste e mi rappresenta.
Molto bello il video di lancio. Tra eccessi e normalità. Qual è il suo vero significato? A cosa dobbiamo stare assai attenti per carpirne la vera lettura?
Io ed Agustin Cornejo volevamo rappresentare il mio scontro con la realtà: da questo l’idea del piano sequenza in cui mi muovo nello spazio tra la gente che interagendo con me crea mille ostacoli. Abbiamo inventato tante interazioni e situazioni particolari ed inaspettate per lasciare lo spettatore incollato allo schermo. Il senso chiave del racconto nello svilupparsi del video è che nonostante le mille assurdità intorno a me, le interferenze e le mille “parole che mi mandano in bestia” io continuo per la mia strada.
E dunque cosa bolle in pentola da ora in avanti?
Con i mille impedimenti della pandemia, sto cercando di creare una band con una formazione particolare, incentrata in particolar modo sulla presenza di più voci, per suonare i brani del mio EP ed arrangiare nuovi brani nell’ottica di un album futuro e di nuovi concerti.