Si erige a manifesto futurista della generazione Z. Lui è Alèm, ovvero Alessandro Minichino classe ’99. Lui rispecchia in pieno la generazione nata e formata sotto il dominio della rete, del digitale sotto ogni forma. Ed è lui che cerca dunque di richiamare tutti noi alla ragione di quanto questa vita velocissima sia un grandissimo problema a cui porre rimedio. Lo fa dentro le consuete trame della trap metropolitana, del rap, dentro sonorità che un poco rimandano a quel punk di bella maniera. Noi Curiosi tanto di quanto sia questo il nuovo linguaggio del popolo, lo stesso che perfora e sagoma le abitudini. Ed è sempre una ricchezza trovare le voci che al sistema si oppongono…
Manifesto Futurista della generazione Z. Una bandiera interessante. Dicci di più. Cosa intendi per davvero?
Più di cento anni fa Marinetti pubblicò un testo su un giornale francese, In cui incitava i ragazzi e gli artisti ad unirsi per rivoluzionare il mondo. Diciamo che questo manifesto portava con se cose moralmente sbagliatissime e non solo dubbie. Però nel brano ho voluto ispirarmi a questa forza rivoluzionaria, questo rifiuto di un passato che ci condiziona e non ci permette di avanzare, nella vita e nel lavoro… siamo in continuo movimento però ci accontentiamo di fare i dipendenti per uno stipendio sicuro mentre realizziamo i sogni di qualcun’altro. Se vuoi di più devi agire, niente arriverà per caso. Il mio piccolo manifesto non parla di guerra e soldati, è una critica costruttiva e un inno motivazionale.
E secondo te la generazione Z oggi è nella velocità che sta trovando il suo declino?
Oggi non viviamo il tempo ma la velocizzazione di esso. Il declino nasce sicuramente anche dal non riuscire più a reggere il passo della tecnologia, ma non è il declino della generazione Z bensì quello di più generazioni. È un problema che scinde dall’età, questa velocità spasmodica del mondo ha intaccato l’intero ingranaggio.
E parliamo del futuro: nel tuo suono come nella forma canzone, cosa pensi ci sia di futurista? Oppure è il classico che sta tornando di moda?
“200 all’ora” cerca di trasmettere non solo la velocità in cui viviamo, ma porta un messaggio che rientra totalmente nel manifesto futurista: una totale distruzione del passato e una conseguente rinascita.
Concetto cliché in politica, qui provo, un po’ come fecero i futuristi nei primi del ‘900, a incitare i miei coetanei, bloccati dai ritmi di una società che non crede nei giovani e non concede spazi per un ricambio generazionale, a prendersi ciò che meritano.
Niente a che fare con la parte politica, l’ideologia del brano abbraccia il futurismo (basandoci unicamente sull’avanguardia artistica) in modo chiaro. Le mode vanno è vengono, però non le riconosci finché non ritornano in voga. Se avessi voluto buttarmi in qualcosa per seguire la moda avrei copiato i blink come sta facendo chiunque.
In questo video che troviamo in rete il lo-fi è decisamente protagonista. Anche questa è una politica importante per la libertà?
Il video è chiaramente low budget, volevo puntare all’idea e cercavo di mantenere un filo punk. Essendo un brano molto personale non volevo niente di più e niente di meno che riportare la realtà. In quei tre minuti e mezzo c’è la mia vita del periodo in cui è nata “200 all’ora”. Il lo-fi è una semplice scelta stilistica conseguente a queste scelte e valutazioni. Penso che sia un arma a doppio taglio è facile cadere nel trash, non credo possa incidere sulla libertà degli artisti.
E il ritorno del vinile in fondo… che sia un ritorno alla lentezza?
Come ad ogni punto estremo raggiunto da una moda, il mondo svolta dall’altra parte. Arriviamo da un periodo dove tutto suona allo stesso modo, non manca molto a un cambio di rotta. Non torneremo alla lentezza, questo è certo, ogni forma artistica è lo specchio della società, siamo un macchina capitalistica che non si ferma mai. La musica cambia insieme al mondo, non abbassaremo i ritmi di lavoro e di vita, le canzoni continueranno a raccontare questo.