Un concept davvero originale, davvero interessante e per certi versi innovativo e ricco di carattere. Rendere omaggio a grandi personaggi della propria vita, della propria contaminazione culturale, scrivendo loro ipotetiche “lettere”. Lettere sotto forma di composizioni, in questo caso di sola chitarra classica. Il risultato? Beh ascoltiamo la chitarra di Andrea Cavina che in questo suo primo album rende concreto questo modo di pensare alla composizione e ai suoi scopi. Da suo figlio a Van Gogh passando per Yann Tiersen e Pat Metheny. Ma anche luoghi, maestri meno conosciuti della composizione classica, ma anche visionari di derive altre e non propriamente addentro al genere. Si intitola “10 Lettere” questo primo lavoro che sottolineiamo con estremo interesse. Composizione strumentale che porta con se un enorme bagaglio di visioni umane, anacronistiche, sentore agrodolce di un tempo che non ha un prima e non vuole avere un dopo. Che poi ognuno si immerga come meglio gli riesce…
La musica indie è anche quella strumentale, quella classica, quella che ricerca e sperimenta. Per Andrea Cavina cosa significa essere indipendenti?
Facendo questa esperienza, in particolare, mi sono reso conto di quanto lavoro ci sia dietro il lancio di un disco. L’idea di base, ovvero l’atto compositivo, che spaventa molti (spaventava anche me), è solo il primo piccolo scoglio. Esistono dei mondi dietro una produzione, anche piccola, che devono essere considerati e accettati se si vuole essere professionali.
Nonostante io abbia lavorato con ottimi professionisti, il mio prodotto è rimasto praticamente invariato, rispetto alla mia idea iniziale.
Da una parte mi fa pensare orgogliosamente che le mie idee fossero valide da subito, dall’altra, il vantaggio di una produzione indipendente,
probabilmente è stato quello per cui ho potuto godere di una grande libertà artistica ed espressiva, oltre che delle tempistiche e delle modalità di uscita del mio album.
Ricerca e sperimentazione. Per te che dimensione hanno?
La ricerca non deve essere un’attività fine a sé stessa. Perché, ad esempio è percepito come ovvio che la ricerca e la sperimentazione nel campo della Medicina debbano servire all’uomo e nel campo dell’Arte no?
Credo che un musicista non abbia nulla di diverso da un artigiano, da uno scienziato, o da uno chef.
Penso che l’importante sia la curiosità e la voglia di creare qualcosa di nuovo, che possa piacere o essere utile ad altre persone. Ho saputo, ad esempio, che la mia musica, appena uscita, è stata ascoltata in ambienti lavorativi, come il salone di una parrucchiera o nell’area clienti di un’importante istituzione. La cosa mi ha fatto contento, ma mi ha fatto anche pensare che forse ho creato un prodotto non solo piacevole, bensì utile. Inoltre, creare un nuovo prodotto, in questo caso musicale, credo che possa aiutare a portare avanti la stessa tradizione.
Mi spiego: io ho scritto dieci brani per chitarra classica, uno strumento che ha secoli di tradizione ma la musica è nuova, appartiene al presente, parla un linguaggio attuale.
Quello che ho fatto, forse, può aggiungere un tassello alla tradizione del mio strumento.
Magari, grazie a questo, qualcuno potrebbe scoprire dell’interesse verso i grandi compositori o verso la chitarra stessa.
Di queste lettere esiste un grande assente dai destinatari?
Grazie per la domanda. Ne esistono moltissimi. Ma il primo grande assente è senza dubbio Franco Battiato, che ho citato solo nel booklet. Proprio quest’anno 2021, mentre stavo ultimando il disco, ho saputo della sua scomparsa e ne sono stato profondamente addolorato.
Battiato è l’artista di cui più mi sono nutrito nel corso della vita. Lui, che cercava il centro di gravità permanente, forse non si rendeva conto del tutto che lui stesso è stato quel centro attorno a cui hanno gravitato innumerevoli artisti. E credo lo sarà ancora per molto tempo.
Sinceramente mi sarebbe piaciuto fargli avere il mio disco. Penso lo avrebbe ascoltato con la curiosità che lo ha sempre contraddistinto.
E secondo te, restando nell’allegoria, cosa avrebbero risposto a ricevere queste lettere?
Chi? Gli artisti del passato? Non saprei.
Sto scrivendo a personaggi come Mozart e Van Gogh, geni assoluti che hanno portato in avanti il genere umano…
Forse Mozart mi avrebbe snobbato, magari Van Gogh, al contrario, lo immagino incuriosito… O’Carolan sarebbe stato forse orgoglioso di aver raccolto i frutti del suo stesso stile…
Immagino questo. Ecco, i chitarristi, Carcassi o Giuliani (soprattutto il secondo, che ha fatto una vita da rock star) avrebbero in qualche modo cercato un dialogo…
Chissà…
Beh certamente alcuni dei destinatari possono ancora rispondere. Secondo te lo faranno? In qualche modo hanno ricevuto la lettera?
Il disco è appena uscito. Ovviamente non posso saperlo… Di sicuro, il primo che ha risposto è stato Maurizio Colonna, il destinatario di “Alba”, che ho incontrato per la prima volta ad un suo seminario nel 2019. È stato il primo di questi grandi personaggi ad apprezzare l’idea del disco e a spingermi ad averne cura. Ho scoperto una persona estremamente attenta e disponibile, oltre che (inutile dirlo) altamente preparata e professionale. Non c’è dubbio che io abbia fatto bene a seguire pedissequamente i suoi consigli. Non saprei da dove partire pensando al prossimo destinatario che potrebbe rispondere. Sono tutti estremamente interessanti. York, Hisaishi, Pat Metheny, Cacciapaglia, Einaudi, Tiersen…
Beh, io queste lettere le ho spedite. Vedremo…