Entrare nel mondo di un artista non è facile.
O meglio, se c’è della profondità, della complessità, entrarci richiede tempo, quasi dedizione.
Ma se scattano empatia, curiosità, benevolenza, si ha la percezione di uno scatto; una sorta di accelerazione della comprensione. Allora immergersi diventa “naturale” e si familiarizza prima.
Questo mi è accaduto con la protagonista di oggi, Jamila, cantautrice zoomer, classe 2001, italo-algerina (zoomer sono definiti quelli nati dopo il 1995 circa), con cui condivido almeno 4 cose: l’Amore per Marina Abramovic, la convinzione che lo scrivere sia un atto catartico, i numerosi nei sulla pelle, l’aver vinto il Premio dei Premi (lei quest’anno, io in un’altra epoca, era pre-covid, 2017).
Ho ascoltato Jamila dal vivo proprio all’ultimo MEI Meeting, dove insieme a Deregibus ho presentato il Premio Dei Premi, che Jamila ha portato a casa con nonchalance, e con il plauso di una numerosa e assortita giuria di addetti ai lavori.
Diretta, semplice, riconoscibile, nella forma (i suoi lunghi dread non passano inosservati) e nella sostanza (le tematiche che affronta, e soprattutto il modo in cui le affronta, denotano un punto di vista peculiare a cui va aggiunta un’attitudine alla profondità):
Jamila e la sua “Storia” meritano approfondimento.
E in questo caso uso il virgolettato, poiché intendo il termine in due modi:
“Storia” è sia il titolo del suo ultimo singolo fresco d’uscita, che prelude al nuovo album in arrivo prodotto da Zibba, ma è anche la storia che Jamila si porta dietro, quella storia che si avverte, che si percepisce interessante e fascinosa (senza saperla fino in fondo) attraverso ciò che dice, ciò che canta, ciò che scrive, il modo in cui si pone, delicata ma decisa (e “se serve”, se lo ritiene opportuno, spregiudicata e tagliente).
A volte si avverte un “quid”, ecco, non si sa bene cosa sia, ma la sua percezione da parte nostra definisce l’intensità dello slancio verso qualcuno; poiché è quel quid ciò di cui abbiamo bisogno per “compiere un viaggio straniante e magico” quando ascoltiamo/osserviamo qualcuno cantare ed esprimersi.
(Almeno là dove _per fortuna_ il canto non è solo fatto tecnico, ma soprattutto mezzo espressivo).
Ed è per via di quel “quid” che oggi ho scelto di dedicarle questo articolo della mia rubrica.
Ora però desidero lasciarvi direttamente nelle sue mani, alla sua scrittura; le ho chiesto di mandarmi una sua bio artistica, e lei mi ha risposto così, scegliendo parole belle, che muovono cuore e pensieri, parole che io sento autentiche, vicine, e che mi invitano all’approfondimento:
“Nella musica ho trovato la vita, mi piace dire che ce la trovo ancora, ogni giorno ed ogni nota. Scrivere è sempre stato un atto catartico per me ed effettivamente è tanto che non ragiono sulla mia poetica. Nascendo come necessità all’inizio l’unica regola che seguiva la mia musica era la forma in cui tentava di mostrarsi, forse al tempo essendo gli anni del liceo ispirandosi a metriche di grandi poeti, cercando di riproporre metafore ricche e altre figure retoriche che trovo ancora strumenti sublimi per esprimermi. Mi piace regalare immagini e raccontare anche storie mie con colori e suoni che riescano a coinvolgere chi le ascolta. Questo perché mi piace l’idea che chi ascolta non sia essere passivo, bensì attivo e vivo appunto. Poco tempo fa ho letto la biografia di Marina Abramovich, che per vari motivi è sempre stata un’artista di riferimento nella mia vita. Leggendo di performance art ho capito quanto questa vada di pari passo con il mio concetto di fare musica e darmene la certezza è stato un concetto che esprime lei ad un certo punto. Secondo Marina, in generale per il mondo della performance art, la ricchezza di questa arte sta nel fatto che in essa non esiste un distacco tra pubblico e artista, ma anzi è il pubblico stesso a rendere possibile l’arte e a farne parte, quindi non esiste più un “io” e voi, ma solo un unico noi che si unisce nel momento dell’atto artistico. Vorrei permeare il mio percorso artistico di questo, durante i concerti live, ma far si che sia coinvolgente e di unione anche durante l’ascolto delle singole persone, per questo tento di scrivere in modo coinvolgente e limpido. In ultimo nella mia musica ripongo il desiderio che gli esseri umani riscoprano la propria emotività, comunque e qualunque essa sia, portandole rispetto, comprendendone la ricchezza che ha e che può dare, ecco perché, singoli come Storia, sono emblematici per questo mio obiettivo.
Credo che la bellezza dell’arte che si può fare con un’arte di presenza stia nel fatto di poter essere guida, compagna o compagno, nel percorso di vita di chi partecipa, che si tratti di qualche minuto, di giorni o anni, comunque è vita e comunque sono felice di condividerla con chi vuole ascoltare.”
In bocca al lupo Jamila, per il singolo, per l’album in arrivo, e per tutte le esperienze che il futuro ha in serbo per te!
Qui trovate il link al video di “Storia” su youtube: https://youtu.be/MgjwB5wN17Q
Noi ci “vediamo” martedí prossimo!
Vostra,
Roberta Giallo.
Laureata in Scienze Filosofiche, Roberta Giallo è cantautrice, scrittrice, performer teatrale, pittrice etc. Si definisce un “ufo” o “un’aliena perennemente in viaggio”. Ha già scritto di musica per Vinile e All music Italia, “Web Love Story” è il suo romanzo d’esordio. Musica in Giallo è la sua prima rubrica musicale per MeiWeb.