Father Lucifer è un brano della cantautrice americana Tori Amos, incluso nell’album Boys for Pele. La cover proposta da Cabruja, prodotta da Raul Girotti e con la produzione artistica e l’arrangiamento di Giancarlo Di Maria, ha un carattere cinematografico che evoca sensazioni e immagini drammatiche di chiara epicità.Il video, realizzato da Luca De Vincentis allo White Studio di Roma, mostra la ricerca verso una possibile connessione con altre sfere del proprio Io, è un viaggio introspettivo che porta all’inesorabile rivelazione di un ribollente mondo interiore, incontenibile non appena se ne varchi la soglia. È l’apertura del vaso di Pandora, il cui contenuto ci rende completi e illuminati.
Ciao! Benvenuto nel MEIweb: raccontaci chi è Cabruja? Quando inizia ad appassionarsi alla musica
Chi è Cabruja? Domanda semplice ma risposta difficile. Sono un 42enne, immigrato da Caracas, Venezuela, genovese d’adozione da quasi 16 anni, biologo e insegno scienze in un liceo. Sono anche una persona che canta.
A casa mia la musica ci è sempre stata, da consumatori e apprezzatori, mai da esecutori. Mia madre mi faceva ascoltare spesso i suoi dischi, oppure quelle stazioni radiofoniche che trasmettono musica di quegli anni. Mio nonno magari spingeva piú sui classici. A Natale e ai compleanni non era strano che mi venisse regalato un LP o un CD. Ho studiato un po’ di teoria e solfeggio e avrei voluto studiare il pianoforte ma non ce lo potevamo permettere, quindi ho lasciato perdere. Ci ho messo un po’ di tempo prima di capire che ero in grado di cantare. In realtà l’ho capito poco dopo il mio arrivo in Italia. Suppongo che lasciare all’indietro alcune cose ti permettono di rivedere te stesso in nuovi modi. In Venezuela avevo sicuramente la testa altrove.
Father Lucifer è il tuo nuovo singolo, una cover del brano di Tori Amos. Quando nasce l’idea di realizzare questa cover?
Chiunque mi conosce bene sa che sono un grandissimo fan di Tori Amos. Era quasi scontato che in un album predominantemente di covers, avrei incluso un suo brano. Ci sono tantissime delle sue canzoni che amo cantare con le cuffie all’orecchio, ma Father Lucifer ci è sembrato il brano giusto per questa produzione discografica, sia per la musica sia per i temi trattati. Appartiene al terzo album di Tori Amos, Boys for Pele, che è stato fondamentale per me. In piena adolescenza, mi stavano succedendo un sacco di cose, chiusure e aperture di cicli, la scoperta dell’amore, del sesso, di prendere consapevolezzza di me stesso con tutte le mie sfumature, quelle più chiare e quelle più scure. Anche di questo parla il brano, di quel passaggio, quindi ci stava bene nel contesto dell’album.
Il singolo anticipa l’uscita del nuovo album. Puoi raccontarci qualcosa?
Un album che è cresciuto in modo inaspettato. Inizialmente si trattava di una cosa semplice, pianoforte e voce, qualche cover. Ma l’appetito viene mangiando, così mentre ci vedevamo io e il pianista Denis Biancucci per le prove e per mettere a punto i pezzi scelti, ci veniva voglia di fare di piú. Raul Girotti, il produttore, ha messo su un gruppo di persone incredibili per questo progetto, tra cui Giancarlo Di Maria, che ha arrangiato la maggior parte dei brani, e mi ha guidato durante la fase di registrazione. Così da un EP siamo passati a un disco, che include pure due canzoni inedite scritte da me durante il lockdown. L’album è fondamentalmente un percorso, un viaggio che viene raccontato dalle canzoni che mi piacciono, le canzoni che mi hanno accompagnato, e anche dalle canzoni che letteralmente prendono forma solo ora, in questo momento particolare della mia vita.
Ci sono nuovi progetti all’orizzonte?
Adesso si pensa soprattutto a presentare il disco con dei “live”. Penso che esibirsi sia la parte piú bella di fare musica e cantare, anche il modo migliore di farmi conoscere.
E certo, mi piacerebbe andare avanti e scrivere altre canzoni. Ho tanto da imparare, per fortuna non è mai tardi.