Il 2 Ottobre 2021 saranno premiati i vincitori del PIVI (Premio Italiano Videoclip Indipendente) che quest’anno è andato a “Musica Leggerissima” di Dimartino Colapesce per la regia di Zavvo Nicolosi/Ground’s Oranges; mentre il Miglior Live di Sempre se lo sono aggiudicati gli Zen Circus per il loro concerto al Paladozza di Bologna, realizato il 12 Aprile del 2019.
Di seguito una chiacchierata con Giuseppe Piccoli di Sei Tutto l’Indie e giurato del PIVI 2021.
L’errore del giornalista boomer è quello di identificare con il termine ‘testate’ tutto ciò che pubblica contenuto.
Quindi quando pongo la domanda: “Sei Tutto l’Indie è una testata?”, la mia età biologica è già invecchiata di 45 anni.
La risposta di Giuseppe Piccoli: “In realtà è più una community”.
Giuseppe Piccoli è uno dei fondatori di Sei Tutto l’Indie… o forse è più giusto dire ‘il creator’?
Comunque sia, lo faccio spiegare a lui: “Nasciamo come pagina Facebook, era il 2013 e la musica indie era quello che ci piaceva e condividevamo foto, storie, artisti, post ironici (quando ancora non si pensava ai meme) e parte di questo contenuto lo creava la nostra community”.
Quale è lo scopo di Sei Tutto l’Indie?
“Condividere la musica che noi crediamo sia valida, è più corretto dire che divulghiamo musica. Cerchiamo di stare al passo con la scena e raccontare ciò che avviene di nuovo, e le evoluzioni del vecchio”.
A proposito di evoluzioni, parliamo del videoclip.
“Quando siamo partiti su Facebook, condividere i video è stata la prima cosa che abbiamo fatto. Spotify non era ancora così radicato sul mercato italiano e, quando un’artista di un certo perso doveva uscire con il singolo, la prima cosa che veniva promossa era il videoclip. E i numeri che realizzava era un primo parametro per capire come sarebbe andato il brano; era un passaggio obbligato. Adesso si fa uscire il singolo su Spotify e poi, se c’è budget, si realizza il video”.
E’ cambiata anche la tecnica del video.
“Sì, prima erano più strutturati, appunto perché si destinava parte del budget ai vari video maker; funzionavano anche quelli amatoriali, ma più nel mondo indie dove il videoclip si basava sulle idee e meno sui mezzi”
Lo streaming ha ucciso il videoclip?
“Diciamo che se come etichetta voglio realizzare un video, tendenzialmente lo devo fare di un certo livello, devo motivare questa scelta. E’ diminuito il numero di singoli che non hanno il corrispettivo in immagini e quasi sempre il video arriva dopo l’uscita del brano.
Ed anche l’interesse è diminuito, sono diminuite le views in generale. Se prendi i video finalisti del PIVI 2021, dieci anni fa avrebbero avuto numeri migliori”.
Però ci sono i video dei rapper italiani…
“Vero. Ma nel videoclip rap non conta la storia, ma lo status che vuoi esprimere. E quindi mostrano le crew, i macchinoni, i motorini truccati; è questo che li distingue dall’indie che invece racconta storie e spesso utilizzando l’ironia.
Nel mondo rap sembra siano tutti uguali, aspettiamo che esca quello con le ‘buone intensioni’ per fare una nuova rivoluzione”.
Quali sono stati i videoclip che ti hanno più colpito?
“Mi ricordo benissimo di ‘Quando Tornerai Dall’Estero’ de Le Luci della Centrale Elettrica, dall’animazione di quale video. Le altre band che seguivo, anche peri video, erano l’Officina della Camomilla (‘Dai Graffiti del Mercato Comunale’) e l’Orso, entrambi passati a Garrincha che all’epoca era molto attenta al fenomeno YouTube.
E poi, secondo me, un video molto coraggioso fuori da qualsiasi canone di moda e buon senso era quello di ‘Secchio’ di Pop X”.