La cantautrice Anna Zu pubblica oggi Vetro, il suo nuovo singolo. Il primo capitolo di un percorso musicale che vedrà impegnata l’artista nei prossimi mesi e con il quale lancia il messaggio positivo di accettare le proprie debolezze. Ne abbiamo parlato con lei.
1 – Ciao Anna e benvenuta! Pubblichi oggi il tuo nuovo singolo Vetro. Sensazioni?
Ciao e grazie per questa bellissima opportunità. Mi sento un po’ come il primo giorno di scuola. Quel misto di ansia ed eccitazione che precede i passi importanti. E oggi mi sento un po’ scolara ed un po’ genitore, che lascia parte di sé iniziare il viaggio nel mondo che c’è là fuori. E non si sa come andrà, ma fa parte del gioco.
E forse non è poi così importante. Ciò che conta è fare un passo alla volta sentendo di restare fedeli a se stessi.
2 –Di cosa parla il brano? Come è nato?
Il brano parla dell’abbracciare le proprie debolezze e incoerenze. Del capire che non si può piacere a tutti.
La cosa fondamentale è realizzare che dietro alle nostre incertezze si nasconde la vera possibilità di svolta. Spesso non ci rendiamo conto di vivere in una scatola di Vetro. C’è ma non la notiamo perché è trasparente. Ci sembra di essere liberi e invece non lo siamo. Se la intravediamo scivoliamo provando a scavalcarne le pareti; perché non ha appigli. Ma il Vetro, per sua natura, è frangibile. Sta a noi riuscire a trovare il punto di rottura. Questo brano è nato di getto. In una sola serata, dopo una lunga e complicata giornata di lavoro. Mi sentivo schiacciata dal dover sempre essere un punto di riferimento solido, quando dentro di me sentivo esplodere solo insicurezze. La scelta era tra chiudersi in una stanza e urlare o scrivere.
3 – Passando al sound, cosa ti ha maggiormente ispirato a livello compositivo?
Il testo del brano, così come il tema dal quale parte, è incentrato su sensazioni negative. La melodia doveva fare da contraltare, dando spazio a rivalsa, forza e speranza. Aggiungendo quel po’ di leggerezza e senso di autoironia che spesso sono la vera salvezza nella vita. Il sound è poi figlio della mia storia: un mix di generi e contaminazioni. Sono figlia degli anni 70 e 80, passata per il mondo della musica classica e amante appassionata delle colonne sonore. Nella musica che scrivo, irrimediabilmente, c’è un po’ tutto.
4 – Parlaci di te e del tuo percorso artistico.
È un viaggio che copre oltre 4 decenni. Ma amo pensarlo e raccontarlo come due vite separate. La prima è iniziata a 4 anni, con il pianoforte e poi il canto lirico al Conservatorio. 20 anni terminati con un radicale cambio di priorità e di obiettivi. Spesso amo dire, scherzando, che “nella vita volevo fare la cantante, ma poi ho scoperto che risolvere problemi mi veniva meglio. E pagava di più”. Non rinnego nulla della mia scelta di dedicarmi al mondo della comunicazione. È stata ed è tutt’ora una mia grande passione. Ma mancava qualcosa. C’era una polveriera di emozioni in me che è detonata a partire dal 2014. La mia seconda vita. Come spesso accade è stato frutto del caso. O forse del destino. Dipende a cosa credi. Tramite un semplice volantino (lavorando da 20 anni nella comunicazione digitale è poi anche questo un segno, in una qualche misura) la mia strada si è incrociata con quella di due artisti straordinari: Davide Antonio Pio (performer, musicista, autore) e Giuseppe Lopizzo (cantante e vocal coach). Da lì ho iniziato un percorso per ripartire da zero. Una sorta di “reload”. Vocalmente (il passare dalla lirica al pop è stato quasi dover distruggere per ricostruire), ma non solo. Pian piano quelle “cose da dire” che avevano covato per 3 decenni sotto gli strati della vita quotidiana, si sono fatte strada. E ho iniziato a scrivere. Davide e Giuseppe sono stati fondamentali non solo per il loro apporto come professionisti di altissimo livello, ma anche come veri e propri abilitatori di ciò che oggi sono come artista. Che in realtà non è nemmeno semplice da spiegare. La domanda che temo di più è: “che musica fai?” L’unica risposta che mi viene spontanea è: la mia. Cosa che vale poi, a mio avviso, per ogni cantautore. Ed eccomi qui, al primo giorno di scuola. Pronta per il prossimo passo. Curiosa di scoprire dove mi porterà e quale nuovo mondo di cose da raccontare mi riserva.
5 – Sappiamo che Vetro è solo il primo passo di un progetto più articolato. Cosa puoi dirci in merito senza spoilerare troppo?
Vetro è il primo strato del mio primo LP, un lavoro di 2 anni. 10 brani originali che sono, di fatto, tanti piccoli tasselli di me. Un racconto onesto e senza filtri di tutte le mie discrepanze e incongruenze. Brani che raccontano le cose che vivo, così come le vivo: quelle che mi fanno stare bene, quelle che mi fanno arrabbiare, indignare e mi tengono sveglia la notte. Ho immaginato questo album come se potesse essere la colonna sonora di un mio personalissimo Truman Show. Ogni scena con il suo preciso sound ed anche una palette di colori. Che non si vedono, ma spero appaiano. Ascoltando ad occhi chiusi.
6 – Ultimo spazio totalmente libero: aggiungi quello che vuoi a questa nostra chiacchierata.
Non sono fatalista, ma credo nei messaggi che la vita ci manda attraverso le coincidenze. Per una serie di circostanze fortuite questo mio primo giorno di scuola coincide con il mio quarantanovesimo compleanno. Uno meno di 50. 30 di più della media di chi normalmente si trova a questo punto del suo percorso.
In una società nella quale pare che nulla di creativo possa fiorire se hai superato i 25 anni io ho deciso di ignorare i cliché. Perché una canzone, così come ogni altra espressione artistica, nasce dall’urgenza di dover dire qualcosa. E questo non ha età.