I Francesco Tirelli sono una band emiliana che da anni propone un repertorio molto vario ed energico, che di recente si è arricchito di un nuovo album, “L’isola che non è”. Abbiamo rivolto loro qualche domanda.
Molti album e molta gavetta alle spalle. Chi sono i Francesco Tirelli oggi?
Ciao amici del MEI e grazie per l’intervista. Quello che sono sempre stati: un gruppo di amici con la comune passione per la musica e la voglia di stare insieme e divertirsi suonando le proprie canzoni.
Nella nostra carriera musicale abbiamo sempre seguito le stesse regole: nessuna cover, nessun talent, nessun evento che non volessimo davvero fare. Abbiamo la fortuna di avere altri mestieri che ci permettono di vivere e così abbiamo la possibilità di suonare solo alle nostre condizioni, senza dover per forza sottostare alle regole di un mercato musicale che proprio non ci piace.
Quali le motivazioni e le premesse del nuovo album, “L’isola che non è”?
Le motivazioni e le premesse sono sempre le stesse da 10 anni: raccontare il mondo che ci circonda con le nostre parole e la nostra musica. In questo disco, in particolare, abbiamo scelto di utilizzare la satira per parlare di politica e musica in un modo diverso rispetto al passato.Le modalità di uscita nostro nuovo album sono invece state differenti: a differenza dei nostri 4 album precedenti, infatti, “l’isola che non è” è stato la conseguenza dei singoli pubblicati in questi mesi.
Questa scelta ha influenzato il disco, trasformandolo da una semplice fotografia di un momento, a un racconto di un periodo durato più di un anno.
Quanto di Peter Pan c’è nella vostra musica?
Tanto: siamo convinti che, in questo mondo di finzione, rimanere bambini faccia arrivare più facilmente alla verità, proprio come insegna un’altra bellissima favola: “il re è nudo”. Ma il titolo del disco e della prima canzone hanno anche ulteriori radici: un omaggio a Bennato, che come molti dei cantautori di quel periodo ha influenzato pesantemente la nostra musica e alla sua “isola che non c’è”; una visione politica dell’Italia, vista come la penisola che è, legata saldamente all’Europa e non, come nella dialettica sovranista, isolata dal mondo; un omaggio ai Peter Punk, band punk italiana nata negli anni 90 e che ancora continua a stupire.
Ci raccontate qualcosa del nuovo video?
Il video è quello dell’ultimo singolo uscito, “vivevamo a colori”. Lo abbiamo girato parzialmente a Quattro Castella, terra di Matilde di Canossa e parzialmente nel crinale appenninico che divide Emilia Romagna e Toscana.L’idea era quella di richiamare classici video Southern Rock girati tra Texas e Alabama e al contempo rivivere una di quelle magiche avventure che facevamo da ragazzi.
Così siamo partiti a piedi e abbiamo camminato in bellissimi posti per alcuni giorni, riprendendo la bellezza di quei luoghi e ricavandone, alla fine, un video.
Quali sono i vostri prossimi programmi?
La promozione del disco sta prendendo il totale sopravvento su ogni altro impegno anche se, lo ammettiamo, siamo già in sala di registrazione a suonare un paio di nuovi pezzi che dovrebbero lanciare una raccolta dei migliori brani pubblicati in questi 11 anni e 5 dischi di musica.
Poi, speriamo, i concerti dal vivo, che però dipenderanno unicamente dalle condizioni e limitazioni alle quali saremo sottoposti.
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