Esce Non credo in Dio, il nuovo singolo di Giorgio Ciccarelli che rinnova la firma con Le Siepi Dischi e Believe. Un nuovo racconto tormentato ed elettronico che ci avvicina sempre di più alla pubblicazione del terzo album solista del chitarrista, cantante e compositore con la collaborazione dell’autore di testi Tito Faraci e del produttore Stefano Keen Maggiore (Immanuel Casto, Romina Falconi, The Andre). Un nuovo Giorgio Ciccarelli, un nuovo mondo, presto svelato.
1.Ciao! Presentati ai lettori del MEI web: quando la musica entra nella tua vita e quali sono state le esperienze che ti hanno formato di più?
Cari lettori del MEI web, buongiorno, mi presento: mi chiamo Giorgio Ciccarelli e faccio musica da circa 35 anni, infatti il mio primo disco è uscito nel 1986, con la mia prima band, I Colour Moves, l’ultimo uscirà a mio nome nell’autunno del 2021. In mezzo ci sono state tante band (Afterhours e Sux! le più significative), 14 dischi, più di mille concerti fatti ovunque e decine di collaborazioni…
Non c’è un’esperienza che mi ha formato più di altre, direi che tutte quelle che ho fatto sono state molto importanti ed hanno contribuito a farmi diventare il musicista che sono che sono. Ad esempio, col senno di poi, ritengo importantissimo l’aver coperto diversi ruoli all’interno delle band in cui ho suonato; tastierista, chitarrista, bassista, cantante, sono state tutte esperienze che mi hanno fatto comprendere certe dinamiche fondamentali e che sono la forma costituente di ogni gruppo. Oppure, un’altra esperienza importantissima è stata quella di aver suonato all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, dove la musica non è considerata un hobby come qui da noi in Italia, con tutto ciò che ne consegue. Senza dimenticare l’esperienza altamente formativa del suonare di fronte a cinque persone e comprendere che devi dare il massimo, come se stessi suonando di fronte a 5000…
2.E’ da pochissimo uscito il tuo nuovo singolo “ Non credo in Dio” vuoi parlarcene?
“Non credo in Dio” è una canzone che parla della mancanza di fede in Dio, ma non vuole essere una canzone provocatoria, anche se forse, poi lo diventa davvero. È innanzitutto una canzone amara, dolente, piena di una rabbia sana, una rabbia che ti fa andare avanti e che ti dà una fede, sì, ma in te stesso. Una specie preghiera laica rivolta al proprio io, intima e solitaria, una riflessione insomma. Musicalmente si discosta parecchio da tutte le cose che ho fatto nel passato, ma è una strada che ho consapevolmente deciso di percorrere proprio per dare una svolta significativa. E in questo mi ha aiutato moltissimo Stefano Keen Maggiore (Immanuel Casto, Romina Falconi, TheAndrè, Bebo de LoStatoSociale), a cui ho affidato la produzione del disco.
3.Sei tornato con questo nuovo album dopo esserti fermato per un pò di tempo, cosi ci si sente ad essere di nuovo?
Sì, è vero, mi sono fermato per un bel po’, ma in questo periodo buio e distastroso, mi ha aiutato moltissimo il potermi concentrare sul disco. Sono riuscito a spostarmi lontano dai pensieri cupi e funesti che l’ultimo anno e mezzo ci ha “regalato”. Inevitabilmente però, questa cupezza si è riversata sul lavoro stesso, d’altronde era difficile pensare che ciò non accadesse, in fondo la musica che si produce, spesso, è lo specchio di come si sta e di quello che si vive in quel momento.
Ora mi sento cautamente positivo anche se non so se e come torneremo a suonare quest’autunno, intanto faccio uscire il disco, poi si vedrà…
4.Quali sono le tue influenze musicali che hanno maggiormente caratterizzato anche il tuo stile e sound? E, quale messaggio vuoi trasmettere attraverso la tua musica?
Ascolto musica da quando ho coscienza di me stesso, ho attraversato consapevolmente il post punk, il dark, la new wave, il paisley underground, l’ondata australiana, il grunge, il trip hop, l’elettronica; sono andato a recuperarmi tutto quello che è successo prima dei miei 14 anni (anno in cui ho comprato il mio primo disco), da Elvis a Hendrix, dai Beatles agli MC5, dai Can ai Black Sabbath e TUTTO ciò ha avuto un’influenza davvero significativa su di me ed ha contribuito a caratterizzare il mio stile.
E per quanto riguarda la seconda parte della domanda, io non voglio trasmettere alcun messaggio, faccio musica, perché sento l’esigenza, l’urgenza di farla e questo non ha niente a che vedere con l’idea di passare messaggi.