Torna in scena la delicata penna di Giuseppe Brogna in questo suo nuovo singolo dal titolo “Satellite” curato in collaborazione con Nicola Bavaro. E ritroviamo la canzone d’autore che inevitabilmente si macchia di quei dettagli indie moderni, che dipinge con colori a pastello la battaglia quotidiana di distanze e avvicinamenti, di perdite e del coraggio che ci vuole nel viverle. Un suono in bilico tra acustico e digitale, riferimenti anni ’80 e soprattutto ’90 e poi quel gusto sottile complice anche questa voce che ha nel disegnare ogni piccola melodia. Un brano che dal piccolo sfocia in una ballad liquida… e i riferimenti ad un passato firmato da Alex Baroni non penso saranno troppo fuori luogo.
Buone nuove nonostante il momento apocalittico. L’incontro con Emic Entertainment diviene spartiacque per te. Inizia una nuova strada… cosa ti aspetti?
Momento apocalittico a parte, è un buon momento per me e la collaborazione con Emic Entertainment è sicuramente uno dei motivi. La release di “Satellite” suggella un rapporto prima di tutto umano all’interno di quella che per me è come una famiglia, e poi, naturalmente, rappresenta l’inizio di un percorso artistico nuovo. Stiamo lavorando alle canzoni che usciranno nei prossimi mesi e ci sono buone vibrazioni. Satellite è un ottimo punto di partenza, un buon auspicio per tutto il resto che verrà.
Oggi a testimonianza di questo è il nuovo singolo “Satellite”… quanto è stato figlio della pandemia?
È stato figlio della pandemia non tanto in fase di scrittura, quanto soprattutto in fase di produzione. Con Nicola Bavaro, che da sempre cura la mia produzione artistica e gli arrangiamenti, abbiamo lavorato ovviamente a distanza scambiandoci idee e provini, poi, quando è stato possibile, abbiamo finalizzato tutto in studio grazie al contributo di musicisti fantastici come Ivano Zanotti, Diego Quarantotto e Gianni Masci. Dal punto di vista del significato “Satellite” è figlio della pandemia per le tematiche che affronta: assenza, distanza, desiderio di ricongiungersi.
Il pop di matrice indie si dirige verso i cliché del mainstream… almeno nello sviluppo… perché questa strada invece di una maggiore sperimentazione?
Se parliamo da un punto di vista generale l’indie è il nuovo mainstream perchè incontra sempre più ascoltatori ed insieme al mondo urban rappresenta la colonna sonora di questa generazione. I linguaggi e i generi tendono a mescolarsi e a trovare nuove forme che poi si affermano. Tra le diverse sfumature io mi ritrovo molto di più nel pop, perché da sempre ho questa attitudine di scrittura: il mio primo EP “Ricordi” ha una chiara matrice pop, anche “Satellite” ha queste caratteristiche. Sperimentare per me significa rinnovare e affinare il mio modo di scrivere: le prossime canzoni saranno un banco di prova in questo senso.
Che poi mi colpisce questa voce in delay… assai caratterizzante… da dove nasce l’idea?
Satellite racconta di un viaggio senza meta all’interno di un Universo gigantesco. Il mood e l’atmosfera del brano cercano di descrivere attraverso i suoni questo paesaggio liquido ed etereo, quasi impalpabile. La voce in alcuni punti è stata trattata in questo modo proprio a rappresentare questo spazio immenso.
Orbitare attorno a qualcosa… anzi attorno a qualcuno… raggiungerlo o non collidere mai?
È proprio qui il dilemma! Il protagonista di “Satellite” si accontenta di restare distante dall’amore che desidera. L’orbita rappresenta un percorso sicuro, la zona di comfort da raggiungere. Un viaggio folle verso un amore impossibile: il significato della canzone sta tutto qui. Collidere vorrebbe dire raggiungere, toccare il “pianeta” desiderato, ma significherebbe anche farsi molto molto male.