Registrato presso il Laboratorio CCDSUM di Moncalieri (TO) di Alberto Bianco e mixato da Federico Puttilli presso il “Macello Recording” di Rivoli (TO), “Voce del verbo futuro” è il nuovo singolo de il malandrino: un brano caratterizzato da sonorità pop-rock che racconta, attraverso parole dirette, ciò che si immagina e si augura per il futuro. Una specie di testamento da lasciare a chi sarà, per ricordare cosa è stato e non dimenticare come è bello amare, amare per davvero. Ne abbiamo parlato con il cantautore torinese in questa nuova intervista per Mezzogiorno in Musica Indie a cura di Ivana Stjepanovic
1.Ciao! Partiamo dal tuo ultimo singolo “Voce del verbo futuro”: come nasce e cosa rappresenta per te?
Ciao, Voce del verbo futuro, nasce nel periodo del primo lockdown, così, di getto. Costretto in casa dalle restrizioni nazionali, mi sono trovato a riflettere su quello che ci stava capitando e scosso dalla proiezione di come sarebbe potuto essere il nostro futuro ho scritto quello che provavo in quel preciso momento, sotto forma quasi di lettera da lasciare a chi viene dopo o semplicemente per chiuderla in un cassetto con l’intento di rileggerla tra 10 anni e scoprire che sensazione mi trasmetteva. Rappresenta le domande che credo in tanti si sono posti, personalmente rappresenta la paura e la curiosità del “domani”, il sentirsi per la prima volta obbligati a fare qualcosa che non si vuole, ma è inevitabile fare, rappresenta la speranza di ritornare al com’era apprezzandolo di più, apprezzarlo per davvero.
2.Raccontaci anche il videoclip che accompagna il singolo…
Il videoclip con quella “grana” retrò si trascina un po’ di nostalgia anni 90, l’abbiamo girato dentro il laboratorio di Alberto Bianco a Moncalieri (che tra le altre cose ha prodotto questo brano), senza voler seguire un copione specifico. Ci siamo fatti travolgere e trascinare dalle mani e dagli occhi sapienti di “Arch”, Marco Celotti di AMAmedia Production, rappresentando il momento delle registrazioni e delle condivisioni di idee sulla strada da far prendere al pezzo. Amo molto le situazioni di studio, perché nascono delle alchimie particolari che solo un artista può capire.
3.Parlando di te, come ti sei avvicinato alla musica e perché la scelta del nome “Il Malandrino”?
Ascolto, suono e scrivo da che ne ho facoltà, pensa che le primissime canzoni le ho scritto insieme a mio fratello Giovanni, quando avevo 6 anni… amo tutta la musica, italiana e non, ma autori del calibro di Gino Paoli o ad esempio Franco Califano, Pino Daniele, li ho amati e li amo tutt’ora come si ama in adolescenza. Il malandrino l’ho scelto perché amo le storie di riscatto.
L’origine di questo termine, non è propriamente positiva, anzi, ma con il tempo il suo significato è cambiato nell’uso lessicale comune. Oggi un “malandrino”, a differenza di ieri, è identificato quasi come un simpaticone, uno che ti strizza l’occhiolino e ti strappa un sorriso sincero.
4.Quali ascolti hanno ispirato e accompagnato il tuo percorso musicale e, con chi ti piacerebbe collaborare in futuro?
Gruppi come Nirvana, Faith No More, Pearl Jam sono stati di grande ispirazione nel periodo della mia adolescenza, ma anche gruppi come Verdena, COV, Sangue Misto, Linea77… potrei davvero farti un lungo elenco, anche perché non mi sono mai focalizzato troppo su una band o un genere per troppo tempo. Come ti dicevo, amo tutta la musica, e cerco di apprezzarne le varie qualità da ovunque esse arrivino. Mi piacerebbe in futuro scrivere per una donna, non l’ho mai fatto e credo sia un esperimento interessante. Levante credo sia un artista particolarmente Libera con la quale mi piacerebbe collaborare.
5.Precedentemente hai suonato con i Malibu Stacey, band punk rock. Come è stato il passaggio a solista?
Il passaggio è stato tanto rapido quanto doloroso. Amavo e amo tutt’ora tutto quello che è MALIBU STACEY, non riesco mai completamente a staccarmene. Semplicemente dovevamo prendere strade differenti e non era più il momento di proseguire quell’esperienza. Ho sempre continuato a scrivere e l’incontro con il mio amico e manager Muro Mauro Farano è stato fondamentale per questo progetto da solista, che poi solista non è dato che ci sono un sacco di amici, che ognuno nel suo fanno si che tutto questo vada avanti.
6.Da artista indipendente, come hai vissuto e stai vivendo questa pandemia e questo periodo così ancora incerto per la musica dal vivo soprattutto?
L’ho vissuto continuando a scrivere e a prepararmi per quando si potrà ripartire. Non sono una persona che riesce a stare con le mani in mano, quando ho un attimo di tempo da musica e famiglia, per farti capire, prendo la zappa e vado a coltivare il mio orto e ad accudire le mie galline. Certo, il fatto di aver fatto uscire il primo album “i giorni comunque belli”, proprio in questo periodo, obiettivamente ci ha penalizzati dal punto di vista della promozione e dei concerti live, vero banco di prova di un progetto musicale.
7.Tornando a parlare sempre di futuro, sogni nel cassetto?
Uno grande, ma grande grande. Essere l’autore di un grande classico che vive nel tempo.
Ascolta “Voce del verbo futuro” su Spotify:
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