Vede oggi la luce il primo disco da solista per Revubs Dischi di Avarello, cantautore siciliano classe ’97 che, dopo la pubblicazione di due singoli negli ultimi sei mesi, tira fuori dal cilindro un esordio convincente, articolato in sette tappe di auto-analisi e riflessione che nel titolo del disco trovano la sintesi perfetta di un percorso di accettazione e introspezione potente sintetizzato nel claim “Mentre ballo mi annoio“.
Avarello è uno che sembra aver passato la vita a raccogliere i cocci, danzando come un fachiro su cocci di bottiglia e pezzi di vetro, costringendosi a sanguinare solo per vedere fino a che punto potesse essere romantico e masochisticamente eroico soffrire; c’è del tragico (inteso nel senso più neoclassico del termine) nell’approccio alla vita di Avarello, che si specchia nella somma delle proprie paure stilando una lista di atti mancati, di sbagli che sbagli non sono mai, di occasioni perse che diventano spunti di crescita.
Attraverso la climax ascendente della sua via crucis personale, Avarello tratteggia il tragitto della propria anima verso la luce, condotta dal lume fioco ma perpetuo di domande che non sanno spegnersi in risposte facili e abbordabili: Peppe sposa il paradigma della complessità come strumento di decodificazione del reale, problematizzando e sezionando il corpo martoriato di una certezza barcollante, che per accettarsi e conoscersi necessita di farsi a pezzi.
E i pezzi, in questo senso, sono sette; sette brani che – prendendo in prestito il lessico potteriano, per la gioia del nostro lettore più nerd – assomigliano a sette horcrux in cui, come deliziosi feticci, Avarello ha intrappolato coscientemente un po’ della propria anima raminga per non farla scappare via ancora: “Le cento cose” serve a tenere a mente tutte le vite non realizzate, “Franco” diventa l’eroe proletario e auto-referenziale della rivoluzione dal basso di Peppe, “Sfumare” regala cartoline nostalgiche che in “Sconosciuti al bar” assumono tinte più fumose, da jazz club. “Universo Personale“, poi, è una carezza che sembra un pugno dritto nello stomaco.
Ogni brano diventa lo specchio opaco di una personalità artistica articolata, complessa e sfuggente, perché allergica alla definizione di sé. E crediamo essere proprio questa, la forza della scrittura di Avarello: destabilizzare senza la pretesa di distruggere, ricordare non perché soverchiati dalla nostalgia che non ammette l’evoluzione, ma piuttosto per pretesa di sopravvivenza.
“Mentre ballo mi annoio” è un disco che merita di essere ascoltato, un appuntamento con sé stessi sul quale, per una volta, abbiamo il dovere di non presentarci in ritardo.
https://www.instagram.com/avarellosonoio/