Nella mattina di oggi, venerdì 13 novembre, Rockol ha pubblicato un intervento del presidente dell’Associazione Fonografici Italiani, Sergio Cerruti, in merito all’entità degli aiuti – e alle relative modalità di erogazione – concessi dal governo italiano al settore discografico alla luce della crisi provocata dall’emergenza sanitaria da Covid-19. Alle dichiarazioni di Cerruti ha voluto rispondere – con l’intervento che pubblichiamo integralmente qui sotto – il presidente della FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) Enzo Mazza:
Ho letto l’intervento di Sergio Cerruti, presidente di AFI, e vorrei tuttavia fare delle precisazioni che ritengo doverose.
Il comparto della musica, fin dall’inizio della pandemia, si è mosso insieme. Ricordo infatti il position paper dei dieci punti firmato dai discografici di AFI, FIMI e PMI, da Anem e FEM per gli editori e da Assomusica per il mondo del live.
Buona parte delle istanze sono state accolte e in una fase successiva abbiamo lavorato tutti insieme su una bozza di decreto ristoro per il segmento discografia ed editoria che inizialmente era stato dimenticato dalle norme per l’emergenza.
Non corrisponde pertanto al vero che AFI ha avuto contezza del decreto agosto solo dagli atti parlamentari perché ci siamo scambiati più bozze e lo stesso presidente dell’AFI ha suggerito l’utilizzo del parametro dei codici ATECO. Esiste un ampio scambio di corrispondenza tra le associazioni su queste ipotesi di lavoro poi condivise con il Mibact.
Non solo, FIMI, pur con le imprese multinazionali che hanno fatto la scelta politica di non chiedere il ristoro ha messo a disposizione il proprio ufficio legislativo per la redazione di bozze e analisi delle norme. Un lavoro complesso svolto come si può immaginare in una situazione fluida e con richiesta di emendamenti e presidio del parlamento continui. Molte volte a notte inoltrata si è dovuti intervenire per sollecitare l’accoglimento di emendamenti in un contesto dove erano all’esame migliaia di istanze.
Va anche detto, con tutta onestà, che l’Italia è stata l’unica a prevedere una norma per il ristoro dei mancati fatturati per case discografiche ed editori musicali. Nessun Paese al mondo lo ha previsto. Prevalentemente il sostegno è stato dato solo al live.
Sicuramente in altri Paesi i provvedimenti operativi sono stati più rapidi ma questo per tutti, non è un problema solo delle imprese musicali. Basti pensare che una grande impresa come Italo attende ancora oggi la CIG dal primo lockdown.
Che vi siano poi problematiche tecnico burocratiche specifiche è possibile ma questo è anche figlio spesso dell’approssimazione con la quale si muovono molte etichette discografiche in Italia.
Nel 2005, ad esempio, FIMI ed Assolombarda fecero un lavoro di revisione dei codici ATECO. Ecco, molte label nemmeno risposero alla circolare ed oggi si lamentano perchè le domande sono respinte per codici improbabili.
Lo stesso avviene con il tax credit, dove poche label hanno chiesto lo sgravio fiscale, cosa normale nel cinema. Ma se alcune etichette ogni anno con la stessa procedura sono in grado di ottenere il credito ( oltre alla major) perché altre non lo fanno e si lamentano che non accade nulla ?
Perchè sono incapaci, lo dico io. Perché molti non sanno nemmeno cos’è un codice ISRC e pretendono di operare nel settore. Perché non caricano i dati sul data base di SCF per incassare i diritti connessi e poi si meravigliano se non ricevono denari. Questi sono i problemi che vanno affrontati, non lamentarsi con piove, governo ladro.
Su 22,5 milioni di tax credit in quattro anni la discografia indipendente ne ha utilizzati meno di 300 mila. Basta andare sul sito del Mibact e vedere chi ha chiesto il tax credit e per quali opere. Carta canta ed è sotto gli occhi di tutti. Non si può solo lamentarsi, bisogna fare.
Quando di recente abbiamo proposto come FIMI di estendere il tax credit a tutte le opere, ad una domanda della Lega se avessimo delle proposte da sostenere come opposizione al DL Agosto, AFi ha risposto testuale alla senatrice Borgonzoni “per ora AFI su questo decreto non ritiene di intervenire rimandando ad altro contesto”.
Il decreto poi è stato approvato con l’emendamento proposto e sostenuto in maniera bipartisan. Perché non si fa politica quando si difendono gli interessi della imprese ma si lavora sul tecnico e come FIMI abbiamo scritto e riscritto gli emendamenti e sentito uno ad uno i parlamentari per farci sostenere.
Per concludere, Cerruti commenta con tono poco gentile in merito a tanti provvedimenti ottenuti negli ultimi anni a sostegno del settore. La copia privata ha generato dal 2009 oltre un miliardo di euro per il settore degli aventi diritto. Nonostante forti opposizioni e lobby delle high tech abbiamo conservato un gettito rilevante e personalmente mi sono battuto nel comitato ministeriale per rappresentare gli interessi dell’industria musicale. Non è un risultato per niente scontato anche il rinnovo di quest’anno e Cerruti farebbe bene a riflettere su un tema così rilevante, soprattutto nell’anno di grave crisi delle collecting generata dalla pandemia.
Non parliamo poi di altri provvedimenti come il bonus cultura che nel 2020 ha giá generato oltre 13 milioni di euro per la discografia. Un altro successo che rivendico come FIMI e sul quale nessuno credeva quando fu introdotto e che oggi tiene in piedi di fatto il mercato fisico che senza sarebbe già sparito.
In conclusione come FIMI continuiamo a mettere a disposizione know how e mezzi finanziari e personale per tutta la filiera come sempre fatto, siamo sempre in contatto con tutte le realtà del settore con le quali condividiamo tutte le iniziative.
Enzo Mazza
Fonte: Rockol