So bene che la gente non ha afferrato che, per chi lavora nel comparto dello spettacolo dal vivo, si parla (e spero che sia una delle tante cazzate che si dicono) di riprendere, ma male, a gennaio del 2021. Io mi rivolgo a quelli che per fortuna un lavoro ce l’hanno, visto che la gente dei teatri è ferma da fine febbraio, voi sareste disposti a rimanere senza il vostro lavoro, senza essere pagati, per 11 mesi? Non pensereste che, al termine di quegli 11 mesi, probabilmente non ci saranno più i presupposti perché voi continuiate a fare quel mestiere? Questa è la portata dell’attuale disperazione delle oltre 500.000 persone (ma sono molte di più) quasi tutte sconosciute alla gente, che si muovono intorno allo spettacolo dal vivo.
Tutto questo però mi fa pensare a una cosa.
Si vorrebbe fare teatro, fare concerti, ma non si può. Perché?
I direttori dei teatri, gli impiegati, i responsabili dei luoghi, non possono svolgere il proprio lavoro. Perché?
Gli artisti non vengono pagati, i tecnici non vengono pagati, gli artigiani dei vestiti e delle scene, gli elettricisti, i macchinisti, tutti quelli che si occupano di produzione, distribuzione, organizzazione, gestione e promozione non vengono pagati (tranne gli assistiti dallo stato, ma solo per ora) perché?
Non si può fare spettacolo dal vivo perché non c’è il pubblico.
Spero che da oggi, gli attori, i tecnici, i direttori, le maestranze, gli organizzatori e i promotori si rendano conto che il loro mestiere non esisterebbe se non ci fosse il pubblico. Moltissime persone con cui sono entrato in contatto in questo mestiere ignorano bellamente il pubblico, come se si trattasse di una sorta di missione aliena per cui si ricevono dei soldi alieni. Molti direttori si vantano dei risultati, degli incassi, come se i protagonisti di questo mestiere fossero loro, come se l’incasso non fossero i soldi della gente, come se una scelta azzeccata non dipendesse dal numero di persone che, inspiegabilmente, decidono di andare a teatro o a un concerto. Gli artisti di successo pensano che questo successo dipenda da qualche dote particolare che hanno a differenza degli altri artisti e non dal fatto che (senza una ragione precisa) piacciono a molte persone invece che a poche persone. Molti artisti in questi giorni parlano del proprio ego ferito, dell’importanza di quanto essi soffrano e, certamente, per molti sarà anche una questione di sopravvivenza e il pubblico non sa quanto; ma tutti parlando del loro mondo interiore, come se là fuori ci fossero solo spettatori passivi dell’ostensione delle loro viscere.
Spero che capiamo una buona volta che, senza il pubblico, quel che facciamo è inutile.