Nel bel programmino post Brexit che ha preparato la ministra dell’Interno del governo inglese, Priti Pratel, ce n’è anche per il mondo della musica. Il magazine Politico scrive infatti che dal 2021 gli artisti e i DJ provenienti dall’Unione Europea che vorranno esibirsi nel Regno Unito avranno bisogno di un visto particolare. La misura entrerà in vigore – appunto – l’anno prossimo, quando il periodo di transizione relativo alla Brexit e inaugurato lo scorso 31 gennaio sarà terminato.
L’oggetto delle nuove disposizioni è un permesso speciale che varrà per spettacoli dal vivo, ma anche per gare e concorsi musicali, audizioni, attività promozionali, workshop, e interviste e dibattiti nel quadro di eventi culturali. Il visto, che avrà durata dai 12 ai 24 mesi, potrà arrivare a costare fino a 244 sterline e dovrà essere accompagnato da un certificato di sponsorizzazione.
La decisione, che limiterà fortemente l’industria culturale britannica, ha suscitato malumori anche all’interno del governo conservatore guidato da Boris Johnson, dal momento che lo stesso ministro della cultura Nigel Adams aveva affermato che sarebbe stato essenziale mantenere aperte le frontiere per gli artisti europei.
E nel 2018 anche la Commissione agli Affari interni della Camera dei Lord aveva scritto che una misura del genere avrebbe danneggiato il comparto culturale del Regno Unito, rappresentando la perdita da parte del pubblico della possibilità di godere delle esibizioni dei talenti provenienti dall’Europa.
La Brexit è stata fortemente criticata da molti artisti britannici. Ultimi in ordine di tempo sono stati Elton John («Mi vergogno del mio paese per quello che ha fatto»), Jarvis Cocker («Penso che la Brexit rappresenti una crisi a livello mentale per tutto il Paese») e Thom Yorke (secondo il quale la Brexit è paragonabile alla «immensa angoscia e sofferenza dei primi giorni del Terzo Reich»).
Fonte: Sentireascoltare del 21 Febbraio 2020 di Valerio Di Marco