Non faccio mistero del fatto che da quando ho cominciato questa rubrica l’ho fatto con l’intenzione di voler scrivere soprattutto di donne _da donna_ e in particolare di cantautrici, ovvero di coloro che scrivono la musica e il testo delle loro opere, di coloro che in un certo senso si autodeterminano in musica, attraverso le proprie canzoni, mostrando la propria cifra, il proprio carattere nella duplice forma di interpreti e di autrici.
Non faccio mistero neanche del fatto che ci sia da tempo, da parte “di una certa critica musicale”, un’attenzione particolare al fenomeno, rivolta soprattutto a svelare il sottobosco musicale: “un sottobosco non così sottobosco” per chi ama andare a scovare quello che offre “il mercato” sotto la dura e spessa scorza-mainstream.
E a scavare, si sa, si rischia di trovare dei tesori preziosi, e sono sempre i più appassionati quelli che “scoprono” prima degli altri ciò che un giorno forse si poserà sulla scorza, per essere finalmente apprezzabile “da tutti”.
Per quanto mi riguarda, io credo ci sia un vitale bisogno di appassionati coraggiosi, esattamente come di opere coraggiose, e tornando agli appassionati-coraggiosi, auspico che continuino a scavare per poter portare alla luce le meraviglie che popolano i terreni meno battuti, ma fecondi di personalità interessanti e sempre in evoluzione, dacché ogni emersione, come ogni tensione alla “superficie”, è per sua natura foriera di evoluzione, e porta aria nuova, vita nuova, fantasia, libertà.
Mi definisco abbastanza fortunata, perché a volte questi tesori mi fanno capolino senza che io “muova un dito” (devo ringraziare i tanto amati/odiati social per questo), magari attraverso un semplice messaggio “in direct” su instagram o facebook, e così, senza che io scavi, o che mi logori nella ricerca, mi ritrovo fortunatamente con in mano delle pepite lucenti. Mi si presentano. E A loro dico“Grazie”.
Tempo fa ho detto grazie anche ad Alice, che un giorno mi è apparsa così, mandandomi un link di un brano (che non è il brano di cui vi parlerò oggi) intitolato “carillon”, e amandoli visceralmente, i carillon _ immaginate_ sono andata ad ascoltare con attenzione… dicendole che avrei parlato con molto piacere della sua musica, prima o poi…
Ed eccomi qui: ancora oggi _concedetemi un piccolo “sfogo”_ come da una vita del resto ( da quando avevo più tempo ma forse ero più pigra e la società correva meno), il mio grande problema resta “il tempo”: il tempo di approfondire, di osservare al microscopio queste pepite per poterle conoscere meglio; poi il tempo di poterne parlare con l’attenzione e il rispetto che meritano. Infine, posti l’attenzione e la cura necessarie, sperare di poter parlare di tutte, prima o poi, perché, davvero, ognuna meriterebbe un capitolo, tante pagine scritte e rilegate con estrema cura e gentilezza, sentimento e ispirazione.
Corro disperatamente contro il tempo, anche se poi saggiamente torno a ripetermi che correre non va bene. Allora mi armo di calma, e mi ripropongo di “andare adagio”, intimandomi che ce la farò lo stesso, e che così non macchierò di fretta le mie considerazioni personali, questi miei “ritratti”.
Alice Cucaro è un gioiello potente e al tempo stesso delicatissimo. Un’artista da “maneggiare” con cura, una personalità che a mio avviso “nasconde” ancora moltissimo di sé, e questo è il bello: sapere che ci sia ancora tanto da scoprire: tante sfaccettature da cogliere. La scoperta è appena iniziata e ognuna delle canzoni che ho potuto ascoltare su Spotify e Youtube mi ha rivelato tanti suoi piccoli universi, tutti da indagare, e anche qualcosa in comune, amici e collaboratori compresi.
Siamo nascosti agli altri, spesso nascosti ancor più a noi stessi: “Sono tutte e sono nessuna”, questa una delle frasi dal sapore pirandelliano che più mi ha colpito della sua “Falena”, canzone appena venuta alla luce, per tutte e per tutti noi, evocativa già a partire dal titolo.
Una canzone che vuole puntare un faro su ciò che è simbolo della notte e dell’ombra, guardando là dove la maggior parte di noi non osa guardare, forse per distrazione, forse perché catturata più dai luoghi comuni o dagli stereotipi stringenti di una società che si fa più “sbagliata” e ingiusta quanto più cerca spasmodicamente di farsi perfetta, di fotografarsi perfetta, di fingersi perfetta, di raccontarsi perfetta, attraverso tutti i filtri possibili e immaginabili, e in questo caso la parola “filtri” non è solo una metafora…
Alice Cucaro ha detto “no” e ha scelto di dichiararlo attraverso una canzone, alla maniera delle cantautrici capaci di prendere una posizione e di difenderla. Così, con determinazione e coraggio ha denunciato la malsana rincorsa dello stereotipo-farfalla, tirando in ballo dalla sua parte la falena, insetto considerato di minor pregio da chi insegue lo stereotipo della farfalla ( non me ne vogliano le farfalle, che peraltro adoro e ho anche “celebrato” nelle mie canzoni. Ma cambiando prospettiva, si sa, cambia il senso delle cose stesse, oltre al senso dei termini utilizzati per descriverle; perciò amanti delle farfalle, non ve la prendete, sappiate che le amo ancora, e sicuramente le ama anche Alice.).
In effetti, dopo aver scambiato delle piacevolissime chiacchiere con lei in diretta instagram (per chi ancora non lo sapesse, tornerò a giugno con il mio format #indirettaconlagiallo in cui dialogherò ancora con colleghe/colleghi del mondo della musica e dello spettacolo…), forse credo di aver colto ciò che la lega alla falena: non il colore “del manto” _Alice ha degli splendidi capelli rossi e la pelle chiara, lo dico per chi non l’avesse mai vista_ ma quel suo essere discretamente appariscente, unito a quel suo essere misteriosa, a se stessa e di conseguenza anche “alle antenne” degli altri.
La cantautrice in questione ci chiede di concentrarci sulla falena, e lo fa in un mondo in cui “tutte” si travestono da farfalle, più che altro per insicurezza e forse “per tradizione”; punta i piedi e chiede venga fatto un nobile sforzo, un passaggio evolutivo, intellettuale e umano: superare gli stereotipi e cercare di comprendere la bellezza tutta intima/interiore della falena, che si muove piano, silenziosamente, difficoltosamente, controcorrente, quando nessuno o pochi possono vederla.
A questo punto qualcosa potrebbe sembrare un ossimoro, poiché se la giovane cantautrice in questione da una parte non è una persona appariscente, e quando ho parlato con lei ne ho colto la dolcissima timidezza e l’amabile riservatezza, d’altra pare non sarei precisa e onesta se non dicessi anche che Alice sul palco ( mi è capitato di vederla recentemente, appena prima dello tsunami-covid) di grinta e sicurezza ne ha da vendere, così come ha voce agile, duttile e piena, controllo virtuoso della sua chitarra, dolcezza e grazia.
E tutti questi aggettivi sono nel loro contrasto solo parte dello scrigno prezioso del mondo femminile, che la cantautrice intende elogiare e custodire. Uno scrigno portatore di grazia ma anche di forza, di sensibilità ma anche di coraggio, uno scrigno-fragile che nel tempo e col tempo io stessa ho imparato a difendere e per cui ho lottato (e lotto tuttora), assumendomene la piena responsabilità, rischiando anche di perdere un po’ di consensi.
Ma il consenso a mio avviso è “nullo” da parte di chi lo riceve, se _per inciso_ chi lo riceve agisce senza passione per la propria verità e senza rispetto nei confronti del proprio sentire.
Con “falena” Alice è partita proprio dal suo autentico sentire e dalla sua appassionata verità per poi costruire attorno una piccola-grande opera-collettiva, a cominciare dalla produzione, in cui è entrato in ballo un musicista che stimo molto e al quale, per un motivo o per un altro, ho spesso accennato nella mia rubrica _sto parlando di Roberto Costa_, di cui vi parlerà meglio lei stessa rispondendo alle domande che ho pensato di porle, perché ci venissero descritte senza mediazione le sue intenzioni, le sue motivazioni profonde e la storia che sta dietro alla “punta dell’Iceberg”.
Com’ è nata la canzone falene? Volevi scrivere una canzone “per le donne” oppure la canzone è nata prima dell’idea?
<<Dopo alcune esperienze personali molto spiacevoli, dopo le vicissitudini sanremesi legate alla partecipazione di Junior Calli e alle varie affermazioni tristi di Amadeus volevo trovare un modo per esporre la mia opinione senza offendere o difendere nessuno, dunque diciamo che Falena è nata per necessità, avevo bisogno di dire alle persone che le donne possono essere molto più forti di un soggetto mascherato che inneggia alla violenza e più forti di quegli uomini che amano tenerle “un passo indietro” .
Ma soprattutto noi donne diventiamo invincibili quando ci sentiamo libere di essere ciò che siamo, dalla ragazza che vuole truccarsi tantissimo e vestirsi con abiti di qualsiasi lunghezza, a quella che preferisce una tuta comoda e non truccarsi affatto.
Siamo forti quando decidiamo, indipendentemente dagli altri, di volare come una falena e non come tutte le altre farfalle che ci circondano.>>
Raccontaci dell’iniziativa/progetto “Divani & Balconi – Aria di Canzoni”. Com’è stato collaborare “a distanza” con i produttori/arrangiatori, Roberto Costa e Aldo Giordano?
<<“Divani&Balconi – Aria di Canzoni” spiegato in breve è un album di 12 tracce di artisti diversi e provenienti da tutta Italia che hanno registrato a casa un’idea e poi l’hanno spedita ai produttori Aldo Giordano e Roberto Costa che successivamente alle selezioni si sono occupati di arrangiamento, mix e master. I proventi delle canzoni acquistabili su tutte le piattaforme digitali verranno devoluti al progetto “Mai solo se resti a casa” dell’associazione Energie Sociali Jesurum di Milano.
Questo progetto a scopo solidale si è presentato ai miei occhi come l’occasione perfetta per far spiccare il volo alla mia Falena, ho letto per caso l’annuncio sui social e visto che già in casa stavo lavorando alla registrazione del brano ho inviato subito il mio primo bounce chitarra/voce all’indirizzo.
Roberto Costa mi rispose tramite un messaggio vocale che mi commosse perché nonostante la semplicità tecnica del provino mi disse che il brano l’aveva colpito tantissimo e l’aveva emozionato, detto da lui poi che ha lavorato con i grandi della musica italiana è stato per me un grande onore.
Inizialmente questo canzone era nata con un’atmosfera molto nostalgica, quasi una ballad malinconica tra il jazz e il cantautorato, Roberto con il suo arrangiamento è riuscito nell’impresa di “alleggerirla” tantissimo. Aggiungendo basso, tastiere e batteria ha tolto magicamente quel velo di tristezza trasformandola in energia positiva. Qualcuno mi ha proprio detto “Tratti un argomento così pesante…eppure questa canzone mi trasmette allegria” .
Della versione originale ha mantenuto comunque le mie chitarre arpeggiate un po’ jazzy e i miei 1000 coretti armonizzati, due dettagli che ormai sono i miei “marchi di fabbrica”.>>
Hai realizzato un videoclip “corale” chiedendo ad alcune donne di partecipare, inviandoti un video in cui indossassero qualcosa di rosso, magari interpretando la tua canzone o facendo altro, liberamente: si tratta di colleghe, amiche? chi ha risposto con più entusiasmo alla tua chiamata?
<<Inizialmente non pensavo che la canzone necessitasse di un video per il progetto, oltretutto non lavorando granché ero sprovvista di fondi per contattare un professionista del settore. Poi però sono usciti alcuni video degli altri artisti dell’album e mi è venuta questa idea, visto che è una canzone nata in uno spirito “amatoriale” mi sono imbattuta in una nuova avventura e ho ideato e montato da sola questo piccolo videoclip.
Le prime che ho contattato sono state le mie migliori amiche che hanno subito accolto l’iniziativa con tanto entusiasmo, perché diciamo che come me anche loro spesso si sono trovate ad essere le “falene incomprese” di turno in alcuni contesti sociali, poi ho ampliato l’invito a colleghe musiciste, cugine, zie, cognate, nipoti ecc…
La richiesta iniziale era “filmatevi mentre fate qualcosa che vi rappresenta” e senza doverci mettere d’accordo sul “cosa fare o non fare” mi sono arrivati una ventina di video tutti diversi tra loro, nessuna situazione o attività ripetuta. Quindi subito è emersa tramite le loro immagini la bellezza della diversità, ed è proprio questo “il filo rosso” che ci accomuna.
Siamo tutte diverse, felici e belle a modo nostro, in 20 contesti differenti.>>
Hai partecipato anche al mio format #indirettaconlagiallo, chiacchierando con me su instagram. Ricordo che mi hai detto di avere un animo molto romantico… ecco, quanto lo lasci trapelare, sia nella vita che nelle tue canzoni?
<<In realtà mi divido inconsciamente in due persone, l’Alice musicista, forte, sicura sul palco, molto ambiziosa e dall’animo molto romantico che spicca sempre fuori nei testi delle sue canzoni, poi c’è l’Alice quotidiana…goffa, insicura da morire, infantile e sempre pronta a sdrammatizzare qualunque cosa. Tutt’altro che romantica, una vera frana quando si tratta di amore.
C’è chi non mi capisce, chi mi fraintende e quindi chi preferisce evitarmi, magari conosce la mia parte forte e mi etichetta come una “egocentrica” chi conosce la mia parte insicura e mi etichetta come una “stupida”, le persone trovano sempre mille modi per giudicarti e mai il tempo per capirti, io personalmente ho imparato ad accettare tutte le mie sfaccettature, anche quelle più strambe.
Però mi sto impegnando per coltivare di più il mio spirito romantico che si presenta solo quando ho un foglio e una biro per scrivere.>>
Come hai vissuto la quarantena? Da quel che “vedo” hai trovato il modo di renderla produttiva…
<<Ho avuto una quarantena molto altalenante.
E’ partita malissimo, avendo già vissuto un periodo di solitudine durante dei miei problemi gravi di salute, un’ombra ha preso il sopravvento e ho passato diversi giorni in preda all’ansia e agli attacchi di panico. Poi un giorno mi è arrivato un messaggio da Enrico Schininà, giovane batterista siciliano dai mille talenti, che mi ha chiesto di partecipare ad una sua rubrica di “live a distanza” e da lì finalmente è riemerso il mio spirito combattivo.
Abbiamo scelto un brano di John Mayer (che amo tantissimo) e da quella cover in poi mi sono rimessa in gioco, ho studiato assoli di chitarra, nuovi esercizi vocali, approfondito le materie di mix e mastering insieme ai miei fratelli musicisti/fonici, pubblicato il mio terzo singolo “Carillon”, insegnato via skype ai miei piccoli allievi del Music Studio di Bologna, ho registrato le voci per un featuring con il cantautore Riccardo Masetti e infine per coronare al massimo la produttività di questa quarantena ho fatto spiccare il volo alla mia “Falena”.
Ho anche riscoperto hobby nerd che avevo perso nel labirinto della mia routine quotidiana, tra cui i manga, i videogiochi (fiera di aver finito il pokedex in Pokemon Scudo!) e il disegno.>>
Sei giovane e talentuosa, cosa auguri a te stessa per il tuo personale futuro di artista?
<<Ti ringrazio per il complimento, mi auguro di crescere ancora musicalmente perché nonostante tutti i miei studi mi sento ancora una briciola di fronte ad artisti che confronto a me sono montagne di eccellenza musicale (tu Roberta sei nella top ten)
Come dice sempre mio padre “Io suono la chitarra da 50 anni e ancora non mi sento arrivato da nessuna parte” e questa è un po’ la mia filosofia di vita.
Dopo la mia malattia sono ripartita un po’ da zero e ho ricominciato a sognare qualche data in più sul calendario e soprattutto di trovare una casa discografica, poi è arrivato il Covid e perciò ho messo queste speranze in stand-by, ma conto di recuperare tutto al più presto e magari di far sentire “Falena” live. Il palco, come ho detto prima, è l’unico posto dove mi sento sempre una ragazza (o falena) invincibile.>>
Buon Ascolto e buona visione. Musica in Giallo torna martedì prossimo!
Laureata in Scienze Filosofiche, Roberta Giallo è cantautrice, autrice, performer, pittrice etc. Si definisce un “ufo” o “un’aliena perennemente in viaggio”.
Ha già scritto di musica per Vinile e All music Italia. Musica in Giallo è la sua prima rubrica musicale per MeiWeb.