Un’esternazione sul vinile
Lo dico? Lo dico. Il modo in cui il cosiddetto mercato sta gestendo il “ritorno del vinile” (con tutte le virgolette del caso, dato che in realtà non se n’era mai andato) mi fa ribrezzo. Stampe sempre limitate, a volte numerate, a volte differenziate da piccoli dettagli, rimasterizzate bene, rimasterizzate male, più leggere, più pesanti, più lussuose, più al risparmio, vendute in edicola, vendute solo sui siti e ai concerti, studiate per il Record Store Day, raccolte in cofanetti dai prezzi disumani e chi più ne ha più ne metta. Sono contento per gli amici che posseggono negozi vecchio stile, che grazie a queste follie stanno respirando un po’ di ossigeno, ma per il resto lo spettacolo di questo circo grottesco basato su due cose che odio da sempre, ovvero la moda e la speculazione sulle passioni, mi interessa meno di nulla. Me ne sono reso pienamente conto l’altro ieri, quando sono andato in un bellissimo negozio con un congruo buono che avevo in tasca da mesi e nonostante l’assortimento enorme e quasi due ore di tempo ho faticato a scegliere qualcosa (parlo di novità in vinile, eh) da portarmi a casa.
Stai a vedere che, dopo averlo non troppo amato se non quasi schifato per trent’anni, finisco per innamorarmi del CD ora che si sta estinguendo.
Stai a vedere che, dopo averlo non troppo amato se non quasi schifato per trent’anni, finisco per innamorarmi del CD ora che si sta estinguendo.