REGIME FORFETARIO E DIRITTI D’AUTORE
Nota: Questo articolo è finalizzato alla diffusione per il pubblico di alcune novità normative relative al decreto fiscale. Lo scopo non è quello di un approfondimento professionale ma di rendere facilmente accessibili i principali aspetti così da consentire a ciascuno di valutarne in modo semplice l’applicabilità alla propria situazione e le eventuali scadenze vincolanti.
L’estensione del regime forfetario, in vigore dal 1° gennaio 2019, a tutti gli imprenditori, professionisti e artisti che nell’anno precedente hanno conseguito ricavi, ovvero percepito compensi, fino a un massimo di 65.000 euro, è stato oggetto di un intervento dell’Agenzia delle entrate sull’accesso degli artisti, e non solo, titolari di diritti d’autore, al nuovo regime. Come già ricordato in un precedente articolo, l’unico requisito richiesto per il passaggio al nuovo regime forfetario è l’aver conseguito nell’anno precedente compensi non superiori a 65.000 euro. Proprio in merito alla verifica del limite dei compensi conseguiti dagli artisti, l’Amministrazione finanziaria ha dichiarato, che ai fini del calcolo della soglia limite dei 65.000, “si ritiene che non si possano escludere i proventi conseguiti quali i diritti d’autore”. La precisazione dell’Agenzia delle entrate è di grande rilievo se si tiene conto che soprattutto gli artisti (ma non solo gli artisti) nell’ambito delle prestazioni artistiche rese conseguono sia compensi soggetti ad IVA sia compensi fuori campo IVA per la cessione o concessione dei diritti di sfruttamento economico delle opere dell’ingegno. Questi ultimi, ai sensi dell’art. 53 c. 2 let b) del TUIR, se conseguiti al difuori dell’esercizio di un’attività d’impresa sono redditi di lavoro autonomo, ma diversamente dagli stessi il reddito soggetto a tassazione è determinato applicando un abbattimento forfetario del 25% (per i contribuenti che hanno superato i 35 anni) o del 40% (per i contribuenti di età inferiore a 35 anni) sull’ammontare dei compensi, e sull’importo così calcolato è applicata la ritenuta a titolo d’acconto del 20%. Pertanto, in base alla risposta dell’Amministrazione finanziaria per la verifica del limite dei compensi dell’anno precedente occorre considerare non solo quelli conseguiti nell’ambito dell’attività artistica soggetta ad IVA (quadro RE – redditi di lavoro autonomo – della dichiarazione dei redditi) ma altresì i compensi fuori campo IVA conseguiti per l’utilizzazione economica delle opere dell’ingegno (quadro RL – redditi diversi – della dichiarazione dei redditi), visto che la natura giuridica dei due compensi è quella di lavoro autonomo. L’intervento dell’Agenzia apre a nuovi possibili interrogativi posti da alcuni esperti della materia. Innanzitutto, se i suddetti redditi concorrono solo a determinare la soglia di accesso al regime forfetario o se in quanto redditi di lavoro autonomo rientrerebbero essi stessi nel regime agevolato e dunque sconterebbero l’imposta sostitutiva del 15% o del 5% (quest’ultima per le nuove iniziative economiche).
Visto che la questione posta dall’Agenzia delle entrate sembra riguardare preliminarmente prestazioni artistiche miste, composte sia da obblighi di fare (es. esibizioni in pubblico) sia da obblighi di permettere (cessione o concessione di diritti di utilizzazione economica), ci si chiede se debbano rientrare tout court anche i proventi corrisposti dalla SIAE e se detta precisazione debba riguardare anche i professionisti che esercitano attività rilevante ai fini IVA non afferente l’attività creativa da cui scaturisce il diritto d’autore (es. l’avvocato che percepisce anche proventi dalla cessione dei diritti di un’ opera musicale o altro). È certamente auspicabile un intervento chiarificatore anche al fine di consentire il corretto passaggio all’attuale regime forfetario.
Autore: dott. Beatrice Ingenito – Dottore commercialista e revisore legale, e referente dello Studio per l’area fiscale.
EFFETTI CIVILI E FISCALI DELLA RIVALUTAZIONE DEI BENI IMMATERIALI
Una opportunità per le aziende anche dell’area artistica
Nota: Questo articolo è finalizzato alla diffusione per il pubblico di alcune novità normative relative al decreto fiscale. Lo scopo non è quello di un approfondimento professionale ma di rendere facilmente accessibili i principali aspetti così da consentire a ciascuno di valutarne in modo semplice l’applicabilità alla propria situazione e le eventuali scadenze vincolanti.
La Legge di bilancio 2019 ha riaperto i termini per la rivalutazione dei beni materiali e immateriali d’impresa, nonché delle partecipazioni in società controllate e in società collegate costituenti immobilizzazioni, a esclusione dei cosiddetti beni merce (beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa), l’avviamento, i costi pluriennali, le partecipazioni che non sono di controllo e le partecipazioni che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie. In questo articolo volgeremo l’attenzione ai beni immateriali costituiti principalmente dai diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, nonché dai diritti di brevetto industriale, che hanno assunto negli ultimi anni un ruolo sempre più importante e strategico per la crescita e lo sviluppo delle imprese, diventando uno dei fattori fondamentali. La disposizione normativa introdotta al fine di garantire una maggiore rappresentatività dei dati di bilancio si presenta come un utile strumento per le aziende il cui core business è dato dallo sfruttamento dei diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno (opere musicali, librarie, cinematografiche, disegni, etc.) e di brevetti che necessitano di adeguare il costo storico o di produzione dei beni immateriali iscritti in bilancio o nel rendiconto al valore economico del bene. Si tratta, di una misura agevolativa che dal 2000 viene proposta dal Legislatore con significativa frequenza. La disciplina fu introdotta per la prima volta dalla Legge 21 novembre 2000, n. 342, l’ultima possibilità era stata concessa dalla Legge di bilancio 2017 e oggi è nuovamente riproposta dalla Legge di bilancio 2019. La disciplina di rivalutazione ha carattere temporaneo dato che essa può essere operata esclusivamente nel bilancio o nel rendiconto dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2018. I beni rivalutabili devono essere presenti nel bilancio o nel rendiconto alla predetta data nonché nel bilancio chiuso nell’esercizio immediatamente precedente (2017). Inoltre, essa è una disciplina speciale in quanto in deroga ai criteri civilistici di valutazione di cui all’art. 2426 c.c. Possono effettuare la rivalutazione tutte le società di capitali e di persone, nonché le imprese individuali e gli enti non commerciali, a condizione che siano fiscalmente residenti in Italia e che non adottino ai fini della redazione del bilancio i principi contabili internazionali. Possono inoltre aderire alla rivalutazione anche le stabili organizzazioni in Italia di imprese estere. Le immobilizzazioni immateriali oggetto di rivalutazione sono quei beni consistenti in diritti giuridicamente tutelati quali, ad esempio, diritti di brevetto industriale, diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, diritti di concessione, licenze, marchi, know-how, e altri diritti simili iscritti nell’attivo del bilancio ovvero, ancorché non più iscritti in quanto interamente ammortizzati, che siano ancora tutelati ai sensi delle vigenti disposizioni normative. Dunque, ai fini della rivalutazione i beni immateriali da rivalutare devono risultare dal bilancio al 31 dicembre 2017, o se assenti dal bilancio in quanto interamente ammortizzati si intendono posseduti se ancora oggetto di tutela ai sensi della legge sul diritto d’autore o del codice della proprietà intellettuale. La rivalutazione è facoltativa e può essere eseguita sul singolo bene immateriale.
Effetti fiscali della rivalutazione
La disciplina della rivalutazione dei beni produce non solo effetti sul bilancio (quindi civilistici) ma anche effetti fiscali. Il maggior valore attribuito ai beni immateriali in sede di rivalutazione si considera fiscalmente rilevante ai fini delle imposte sui redditi (IRES/IRPEF) e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita (2018) quindi, dal 1° gennaio 2021. Per la determinazione delle plusvalenze e minusvalenze sui trasferimenti dei beni immateriali a seguito di cessioni a titolo oneroso assegnazione ai soci, destinazione a finalità estranee all’esercizio d’impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore gli effetti sono ulteriormente posticipati, essi infatti decoreranno dal 1°gennaio 2022. Lo slittamento in avanti degli effetti fiscali ha l’evidente obiettivo di salvaguardare la ratio della norma, evitando uno smobilizzo ravvicinato dei beni rivalutati finalizzato ad ottenere un mero vantaggio fiscale nella determinazione delle plusvalenze e minusvalenze, con l’applicazione dell’aliquota ridotta.
Costo della rivalutazione
Il maggior valore attribuito ai beni immateriali per effetto della rivalutazione è soggetto ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 16% in quanto beni ammortizzabili. L’imposta sostitutiva è versata in un’unica rata contestualmente al versamento del saldo delle imposte sui redditi, ossia entro il 30 giugno 2019. L’opzione per la rivalutazione dei beni immateriali si perfeziona con l’indicazione in dichiarazione dei redditi dei maggior valori, pertanto il mancato o parziale pagamento dell’imposta sostitutiva non determina la perdita del beneficio ma solo l’iscrizione a ruolo per le somme non versate.
Affrancamento del saldo attivo di rivalutazione
Il saldo attivo di rivalutazione dato dal maggior valore attribuito ai beni immateriali al netto dell’imposta sostitutiva deve essere accantonato in una riserva speciale e tassata in caso di distribuzione. La norma permette di affrancare in tutto o in parte, il saldo attivo risultate dalla rivalutazione mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva del 10% da applicare al valore del saldo attivo di rivalutazione, da versare nei medesimi termini dell’imposta sostitutiva di rivalutazione. L’assoggettamento del saldo attivo di rivalutazione all’imposta sostitutiva del 10% produce il solo effetto di rendere libera la riserva dal regime di sospensione d’imposta a partire dal 2018, in caso di distribuzione la stessa non concorrerà a formare il reddito imponibile del soggetto che effettua la distribuzione, ma solo quello del socio percettore secondo le regole ordinariamente previste per i dividendi. L’affrancamento non produce, invece, effetti sul differimento del riconoscimento fiscale del maggior valore iscritto in bilancio in conseguenza della rivalutazione, conseguentemente, i maggiori valori fiscali saranno comunque riconosciuti solo a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita o, in caso di realizzo dei beni, a decorrere dal quarto esercizio successivo. La riproposizione della disciplina sulla rivalutazione dell’immateriale è un’interessante opportunità per le Aziende i cui asset sono i diritti di utilizzazione di opere dell’ingegno e quindi i diritti tutelati dalla Legge sul diritto d’autore e dal Codice della proprietà industriale.
Autore: dott. Beatrice Ingenito – dottore commercialista e revisore legale, referente dello Studio per l’area fiscale. Per consulenze in materie dello spettacolo lo Studio Barbieri & Associati Dottori Commercialisti è disponibile allo 051/231125.
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