Giorgio Gaber
Sempre stato un gaberiano, io. Mi era simpatico da bambino, quando lo si incrociava molto spesso nella TV rigorosamente RAI e rigorosamente in bianco e nero, e ho cominciato ad approfondirne la carriera, e ad amarlo sul serio, negli anni ‘70. Ho assistito a parecchi dei suoi spettacoli e, anche se non ho mai avuto occasione di parlarci, nella mia mente lui è come un amico… che purtroppo non c’è più. Il doppio DVD uscito oltre otto anni fa è una testimonianza straordinaria della sua grandezza.
Storie del Signor G
Mancavano, sul mercato, realizzazioni in DVD dedicate a Giorgio Gaber, e si trattava di una lacuna gravissima. A colmarla ha adesso provveduto la RadioFandango, in pieno accordo con l’Associazione Culturale intitolata all’artista, ristampando in una bella confezione con due dischetti, che include anche un libro con tutti i testi, il materiale pubblicato quasi quindici anni fa in un oggi scomparso cofanetto di quattro videocassette: un cofanetto che, è doveroso sottolinearlo, fu voluto e organizzato dallo stesso Gaber, che nell’estate del “si appropriò” del Teatro Comunale di Pietrasanta per filmare – davanti al pubblico, va dà sé – uno spettacolo di quattro ore che voleva fungere da riassunto e da documento ufficiale delle esperienze da lui fin lì inanellate nell’ambito del Teatro Canzone.
Allo scopo, Gaber studiò tutto con estrema attenzione: dalla scenografia al posizionamento delle telecamere, dalle luci alla sequenza dei brani, ogni dettaglio era finalizzato a “restituire” nel modo quanto più fedele possibile la dimensione teatrale a lui tanto cara e lo straordinario mix di fisicità e intelletto, ironia e dramma, recitazione e voce, rigore e follia del momento che caratterizzava ogni sua esibizione. Un obiettivo perfettamente centrato anche grazie alla sapiente scelta di monologhi e canzoni (con l’accompagnamento di una vera band, a ribadire il concetto che la musica contava, eccome!), selezionati nel vastissimo repertorio composto in poco meno di vent’anni assieme a Sandro Luporini: repertorio affrontato con il solito trasporto – splendide e commoventi le immagini il cui il cantautore, si scusi il termine riduttivo, appare tanto sudato quanto inebriato – e con un’incredibile capacità di comunicare tramite parole, gesti, smorfie e una mimica meravigliosamente esagerata che crea un curioso contrasto con gli abiti eleganti del mattatore. A confermare una volta in più come chi Gaber si sia limitato ad ascoltarlo e leggerlo, senza averlo mai visto sul palco, non possa certo affermare di conoscerlo davvero. Qualcuno potrebbe criticare l’essenzialità di questo prodotto e magari contestargli l’assenza di “extra” storici e di approfondimento, ma per quelli arriveranno certo altre uscite: qui, invece, ci sono “solo” quattro ore di Gaber dal vivo in tutta la sua gaberitudine, e che un pio fulmine incenerisca eventuali stolti che diranno che non è abbastanza.
Tratto da Il Mucchio Selvaggio n.617 del dicembre 2005
Link: https://lultimathule.wordpress.com/2014/03/11/giorgio-gaber/