Questa settimana parliamo di Bravo Dischi, etichetta discografica creata da Emanuele Mancini (leader dei Mamavegas e direttore artistico de Le Mura di Roma) con Fabio Grande (produttore e autore de I Quartieri) e Alessandro Lepre (fondatore dei Fantasmi e The Shalalalas), che dopo aver prodotto il disco di esordio dei Fantasmi nel 2014 e dei Joe Victor nel 2015, il 10 giugno 2016 ha pubblicato “Hip Hop” il primo disco di Mai stato altrove (alias Gabriele Blandamura) e il 17 marzo 2017 ha pubblicato “Pulviscolo”, il primo album di Colombre (alias Giovanni Imparato). In arrivo il prossimo 16 giugno anche “T.I.N.A.” (acronimo di “Tutti I Nostri Alieni”) il primo disco dei Moblon, progetto della cantautrice Giulia Laurenzi.
Partiamo dall’ultimo uscito in casa Bravo Dischi, “Pulviscolo” di Colombre. Il nome d’arte è preso da un racconto di Dino Buzzati del 1966, intitolato appunto “Il Colombre”, che secondo l’autore di questa favola moderna che racconta di un marinaio e di un mostro marino è “un pesce di grandi dimensioni, spaventoso a vedersi, estremamente raro…qualcuno perfino sostiene che non esiste”. Il suo vero nome è Giovanni Imparato, originario di Senigallia, già voce, chitarra e autore dei Chewing Gum e produttore del disco “Sassi” di Maria Antonietta (alias Letizia Cesarini) che ha curato l’artwork del disco e la regia del video della title-track, primo singolo estratto, un brano pop etereo, sognante, dalle sonorità delicate, sospese tra chitarre e synth, una sorta di incrocio tra Enzo Carella e Mac De Marco.
“Pulviscolo” può essere considerato il suo manifesto, “non posso più tornare indietro, ho deciso di scegliere”, la fine di una storia d’amore diventa l’inizio di un nuovo percorso solista, anche artisticamente, che si lascia alle spalle varie indolenze e perdite di tempo. “Fuoritempo” è un altro gioiellino pop autobiografico, la ricerca della solitudine come salvezza (“hai trovato un’altra scusa per restartene da solo”) mentre tutto intorno cambia, e anche musicalmente il brano finisce per andare letteralmente “fuori tempo” nel finale. “Blatte” è forse il pezzo più importante del disco, secondo singolo estratto con la collaborazione di Iosonouncane (alias Jacopo Incani), che oltre alla voce e ai cori partecipa suonando e arrangiando strings machine e glockenspiel. Il video in bianco e nero di Alberto Gottardo è ambientato in un ristorante cinese di Milano e rende bene il senso di disgusto e indifferenza per il genere umano che provoca l’ascolto del testo, il forte contrasto tra la bellezza della melodia del synth e parole forti quali “non provo più nulla per te perché solo a pensarti ho il vomito”, il senso di nausea per il tradimento di un’amicizia che si credeva sincera. “T.S.O.” è dedicata ad un amico ricoverato che ha subito il “trattamento sanitario obbligatorio”, costretto ad assumere pasticche e psicofarmaci, l’invito è “fregatevene” e continuare a comportarsi come una volta, anche se non è facile perché ora “tutto è cambiato” e “parlartene adesso è impossibile” perché “non sapresti rispondere”, una sorta di “Shine on you crazy diamond” come fecero i Pink Floyd con l’amico Syd Barrett caduto in preda al demone della follia. “Dimmi tu” ha una ritmica decisamente funky, fintamente allegra, visto che il testo parla di solitudini, derive nello spazio interstellare e nel mare tropicale, medicinali, mentre in sottofondo si sentono echi morriconiani (il famoso “scion scion”) che fanno diventare il pezzo quasi lounge. Anche “Sveglia” è caratterizzato da una ritmica vivace e da un testo molto crudo e diretto “crepa…fottetevi voi e tutto il mondo…la gente fa schifo e non voglio vedere nessuno…”, uno sfogo brevissimo ma molto intenso, con la chitarra distorta di Fabio Grande e l’organo sixties di Pietro Paroletti. “Bugiardo” fa pensare a un brano di Niccolò Fabi per il modo di cantare e l’andamento ritmico, con il basso suonato da Nicolò Pagani. La conclusiva “Deserto” è un mid tempo rilassato e sognante che evoca paesaggi africani, un invito a continuare a sbagliare “fino a farti schifo” e a tenersi stretta la propria diversità anche quando ci sentiamo dei falliti. La chiusura perfetta di “Pulviscolo”, che in fondo è la storia di una battaglia personale contro i propri fantasmi e incubi, un invito a non avere paura e a combattere.
Candidato alle Targhe Tenco per la migliore opera prima del 2016, “Hip Hop” è il primo disco di Mai stato altrove, nome d’arte di Gabriele Blandamura, giovane romano (classe ’86) laureato in lettere e giornalista pubblicista, che dopo essere stato il bassista dei Thegiornalisti dal 2013 fino al penultimo disco “Fuoricampo”, decide con coraggio di abbandonarli giusto prima del grande successo di “Completamente sold out” e registra il suo primo lavoro solista, anticipato dal singolo “Ginsberg”, una canzone d’amore accompagnata da un videoclip documentario sulle scritte trovate su alcuni muri di Roma. A dispetto del titolo “Hip Hop” è un disco pop, si nota tuttavia una certa predilezione per il ritmo e il drum’n’bass, e alcune basi potrebbero essere effettivamente utilizzate per un disco hip hop. Le nove canzoni sono state scritte tutte da Gabriele, suonate e arrangiate dallo stesso con Fabio Grande (produttore del disco), Pietro Paroletti (ingegnere del suono) e Federico Olivetti, registrate presso Gli Artigiani Studio di Daniele Sinigallia (come il disco di Colombre), il locale Le Mura ed Ambulance Studio di Roma da Fabio Grande e Pietro Paroletti, eccetto “City Life”, “Il turista” (il secondo singolo) e “I sogni” registrate presso lo studio 24 Gradi da Fabio Grande e Mattia Castagna. Il ritmo rallenta con “Le canzoni non servono a niente”, per poi diventare ossessivo e sincopato in “Tutta la notte, ogni notte”, una sorta di manifesto esistenziale “corro i miei rischi, compro vinili alla cieca…vorrei vivere fuori dal tempo”, concetto che ritorna in “Stellare”, terzo singolo estratto, che sembra provenire direttamente dallo spazio per i suoni freddi, dilatati e rarefatti. In “City Life” si apprezza la vocalità raffinata di Gabriele, che contrasta con il traffico, i gas di scarico, la tangenziale e il rumore infernale della galleria tipiche della vita in città che adora proprio perché gli fa apprezzare la bellezza del cielo. Chiude il disco l’intimista e cantautorale “Sessuale”, canzone d’amore quasi sussurrata. Un bel disco di canzoni pop, semplici ma non ruffiane, che non cercano il tormentone a tutti i costi.
Per info: http://bravodischi.bigcartel.com